Il comitato d’accoglienza scruta l’orizzonte, l’auto blindata del presidente del Consiglio arriva in perfetto orario, alle sei della sera alla festa di Art.1, alla Città dell’altra economia a Roma, ma deve fare qualche manovra per portare l’illustre passeggero dai suoi ospiti. Un camioncino dell’Ama ostruisce la stradina accanto alla Casa dei Curdi. È la sinistra bellezza. Il premier che fu di un governo in alleanza con la Lega ora in una festa della sinistra. Questo non gli impedirà di andare sabato a quella di Fratelli d’Italia, come non gli ha impedito di fare il governo con quelli di là è questi di qua. Da questa parte è la sua prima assoluta. Ma sta a suo agio, si muove sciolto fra gli stand nonostante l’imponente servizio di sicurezza, quaranta uomini. Chiede a Nico Stumpo e Arturo scotto dove sono i volontari, e alla fine fa il giro, stringe mani al ristorante, per sembrare ancora più di sinistra si beve una mezza birra e mangia una salsiccia.

ALL’ENTRATA LO ASPETTANO il neo ministro della Salute Roberto Speranza, Arturo Scotto, il presidente dei deputati di Leu Federico Fornaro e la presidente del gruppo misto al senato Loredana De Petris. In prima fila c’è Massimo D’Alema, segno di riguardo per l’ospite. Premier ed ex premier si stringono la mano. Quella stretta di mano che per paradosso il segretario del Pd Nicola Zingaretti ha voluto evitare, disertando così il dibattito con Speranza, per timore delle battutine di Matteo Renzi. L’ex premier evita però le risposte, visto che le domande sul governo non può evitarle: «Quello di prima non è il governo più a destra della storia italiana, come questo non è il governo più a sinistra. Queste sono categorie giornalistiche che io non uso».

 

ANCHE CONTE SUL PALCO non risponderà alla domanda di Enrico Mentana: il suo è un governo di centro sinistra? «Di Movimento e centrosinistra». Ma il solo fatto che salga su questo palco, e che – rivela Fornaro presentandolo – abbia accettato l’invito a luglio, quando la piccola forza di sinistra era all’opposizione, dice della «sintonia programmatica – come spiega De Petris -, noi ci abbiamo creduto» alla nascita di questo governo.

Di certo sono quelli che ci hanno creduto di più e prima, fin dal marzo del 2018. Oggi, dopo il miracolo ferragostano che ha chiuso l’accordo fra Lega è 5 stelle, Conte spiega che il «mai più con la Lega va declinato all’infinito». E, a crederci, sembra davvero un altro il Conte dopo 8 agosto. È capace di glissare con il sorriso le domande insidiose («adesso che governa con il centrosinistra ha visto quante sinistre ci sono?». «È una bellezza», è la risposta), ma non si tira indietro rispetto all’altro sé, quello che stava a capo del governo leghista. Non rinnega per esempio i terribili giorni della nave Diciotti, «io personalmente non vedo le Ong come nemici del popolo, non ci sarà mai ombra su questo» ma «un premier difende sempre un ministro del suo governo».

PIÙ TARDI SPERANZA fa sapere che da ministro apprezza molto la risposta, davanti al palco militanti, non moltissimi – un paio di centinaia – ma affettuosi, perdonano la vicenda Diciotti e applaudono l’uomo che dichiara la sua «formazione di sinistra, di cattolicesimo democratico, non ho mai accettato la formula riduttiva ’porti aperti porti chiusi’, ho sempre creduto nella tutela del diritti fondamentali» e che poi spiega come è cambiato il governo sul tema dell’immigrazione: «Oggi la redistribuzione europea ci viene assicurata subito. Prima passavo le mie giornate a fare telefonate e a chiedere cortesie personali. Oggi chiedo quello che deve essere fatto per l’Italia».

Sembra quasi dire che stare al governo con la sinistra lo ha fatto diventare premier, mentre prima lo era di meno, senza ricordare quel «burattino di Salvini» che gli fu appioppato nell’europarlamento. Ma forse è davvero così, oggi è premier e ieri no, in qualche senso: anche perché il secondo decreto sicurezza – da cambiare, dice il governo, ma non si sa quando – mette in discussione proprio il suo ruolo.

IL DISCORSO PASSA dal reddito di cittadinanza, «da migliorare nella parte occupazionale», alle morti sul lavoro, agli asili nido, alla rivoluzione verde che per De Petris è uno dei temi di maggiore sintonia fra i padroni di casa e Conte, ai politici che «non debbono soffermarsi troppo sui social». A «non c’è una prospettiva diversa da quella dell’Europa ma il velleitarismo dell’europeismo fideistico fa male», fino a una citazione del Tractatus di Wittgenstein.

Ma poi finisce fatalmente su Renzi: la scissione Pd «era nell’aria», dice, ma avrebbe preferito saperlo prima: «Avrei voluto, preteso, un confronto con gli esponenti di questo gruppo. E se del caso tenerne conto al momento di sciogliere la riserva. Un presidente del Consiglio che scioglie la riserva si assume la responsabilità della sostenibilità del progetto che presenta al paese. Non sto dicendo che sia venuta meno la sostenibilità», aggiunge di corsa. Perché, e qui siamo al cuore del messaggio, «mi fido del Pd, perché è una forza responsabile e ha scelto di sostenere il governo». E più che una risposta a Mentana è una risposta a Di Battista che nel frattempo sui social sta invitando i 5S a non fidarsi del Pd. «Mi fido di Conte», risponderà con cortesia D’Alema.

All’uscita il capo della comunicazione Casalino si guarda intorno e chiede: «A voi di sinistra è piaciuto?». Perché ora il premier dovrà piacere anche a questa parte. «Presidente, oggi ha fatto un esame di laurea sulla sinistra?». «Non esageriamo, sono già professore».