Due anni e mezzo dopo l’elezione di François Hollande all’Eliseo – secondo presidente socialista della V Repubblica dopo Mitterrand – la sinistra francese è frammentata e confusa, abbattuta dalle due sconfitte elettorali della scorsa primavera (europee e municipali). Al centro della crisi politica c’è la contestazione della politica di austerità. Non solo il Partito socialista, ma anche i Verdi sono in preda a una spaccatura, che potrebbe manifestarsi con l’entrata nel secondo governo Valls di ministri ecologisti, ma “solo in nome proprio” e non del partito, ha precisato ieri la direzione di Europa Ecologia-I Verdi. La prima fronda è stata quella del Front de Gauche: Hollande è stato eletto anche grazie ai voti di parte dell’elettorato che al primo turno delle presidenziali aveva votato per Jean-Luc Mélenchon, ma la delusione e la sfida sono arrivate prestissimo. Il Fdg non è mai entrato nei governi della presidenza Hollande, ma parte della coalizione – il Pcf – ha ancora stretto alleanze elettorali con il Ps alle municipali della primavera scorsa, causando una profonda spaccatura con il partito di Mélenchon, leader politico che la settimana scorsa si è dimesso dalle cariche direttive. La prima fronda interna ha germogliato nel Ps ed è venuta alla luce con le dimissioni forzate di Delphine Batho, effimera ministra dell’ecologia, che ha dovuto rinunciare alla carica nel luglio 2013 (governo Ayrault) per aver osato contestare ad alta voce i tagli al bilancio pubblico. Nel marzo del 2014, con la fine del governo Ayrault e la nomina di Valls, sono usciti i due ministri Verdi, Cécile Duflot e Pascal Canfin, anche in questo caso per dissensi sulla politica economica. Duflot ha appena pubblicato un libro al vetriolo sulla sua esperienza governativa, accusando Hollande di essersi trasformato nel “presidente di nessuno” tradendo le promesse fatte in campagna elettorale. Ad aprile, l’austerità è contestata nelle piazze francesi, con una grande manifestazione a Parigi, a cui partecipano, a titolo personale, anche dei deputati socialisti. Questa “fronda” – cosi’ la chiama il governo – poco per volta si consolida all’interno del Ps. L’8 aprile scorso, undici socialisti non votano la fiducia al governo Valls: sono la frangia più determinata dell’”Appello dei 100”, che aveva contestato il rigore e chiesto una nuova rotta in Europa. Saranno in 41 ad astenersi tra i deputati socialisti al voto per il Patto di stabilità, la pietra miliare della politica economica a favore dell’offerta di Hollande/Valls, che prevede 40 miliardi di sgravi per le imprese in cambio di una vaga promessa alla creazione di posti di lavoro, che si aggiungono ai 50 miliardi di tagli alla spesa in tre anni decisa da Hollande per tentare di rispettare il Fiscal Compact. Ora, l’”Appello dei 100” intende strutturarsi in una più determinata opposizione interna e ha già previsto di cambiare nome – si chiameranno “Viva la sinistra” – all’imminente Università d’estate del Ps, che si apre il 29 agosto a La Rochelle e che si annuncia sanguinosa.

La “fronda” proverà la propria forza all’Assemblea in occasione della discussione e del voto per la finanziaria 2015, a settembre. La sinistra tradizionale del Ps chiede un congresso straordinario del partito, per “determinare se i militanti socialisti sono d’accordo con la linea e la strategia dell’esecutivo”. Hollande, scegliendo di riconfermare Valls a Matignon, ha ribadito la svolta “austeritaria”: “dobbiamo andare più in fretta e più lontano” nelle riforme intraprese, ha affermato la scorsa settimana il presidente, che ha affidato a Valls la formazione di un governo “in coerenza con l’orientamento politico” deciso all’Eliseo. Ma Hollande ha ormai un problema di maggioranza, con la “fronda” che fa perdere pezzi al Ps, la spaccatura all’interno dei Verdi, il probabile abbandono del governo da parte dei radicali di sinistra e la minaccia di perdere la maggioranza al rinnovo parziale del Senato a settembre.

La crisi attuale della sinistra – che fa seguito al campo di rovine lasciato a destra dopo la presidenza Sarkozy – mette in luce le difficoltà del sistema politico della V Repubblica, la “monarchia repubblicana” che concentra troppo il potere e soffoca il dibattito democratico, i cui difetti si sono aggravati con il passaggio della durata del mandato da sette a cinque anni.