Dante Alighieri, la sua Commedia e la sua vita non hanno mai smesso di esercitare un forte fascino sui compositori di epoche diverse, fino ad oggi. In attesa di ritrovare a Londra La Commedia di Andriessen (nata nel 2009 a Amsterdam in prima britannica al Barbican con la BBC Symphony Orchestra e Cristina Zavalloni nella parte di Dante), la galleria dei grandi affreschi musicali ispirati a Dante, che vanno da Liszt allo Schicchi pucciniano, passando per le tante sfaccettature di Francesca da Rimini (Caikovskij, Rachmaninov, Zandonai) si arricchisce di un recupero singolare, Dante di Benjamin Godard (1849-1895). Compositore francese, di felice penna nella scrittura pianistica e cameristica, Godard si è curiosamente dedicato a più di un tema lisztiano nei suoi lavori sinfonici e operistici: in particolare Tasso ( 1878) fu un suo grande successo, mentre Dante, scritta nel 1890, è ricordata per la rovinosa caduta parigina all’Opéra Comique. Fra il 31 gennaio e il 2 febbraio, in una doppia serata fra il Prinzregententheater di Monaco di Baviera e l’Opéra di Versailles, la Münchner Rundfunk Orchester guidata da Ulf Schirmer , con l’impegno produttivo della Fondazione Palazzetto Bru-Zane, ha riportato in vita questo singolare lavoro, ambizioso al punto di voler narrare insieme sia vita che opere di Dante Alighieri.

A Monaco si sono riascoltati dopo oltre centovent’anni i quattro atti serrati e ben costruiti che, su un libretto piuttosto fantasioso di Eduard Blau, raccontano, intessendole di temi-idee fisse che pervadono l’intera narrazione, le vicende politiche e amorose di Dante, l’esilio che lo priva dell’amore di Beatrice, ritrovata morente nell’ultimo atto a Napoli. Il terzo atto si schiude su una sorta di sogno-allegoria di Dante esiliato: mediante l’apparizione di Virgilio ( il piacevole Andrew Foster Williams), Godard ripercorrere l’intera Commedia, dedicandosi alle schiere dei dannati, in cui si ravvisano Ugolino e Francesca da Rimini, per passare all’apparizione di Beatrice nel Paradiso.

Un bel «Bignami» musicale, insomma. Le scene corali e di insieme sono efficaci ma piuttosto convenzionali, mentre l’opera riserva i momenti migliori in alcune arie e ariosi, a partire da quelli di Dante ( il sensibile tenore Edgaras Montvidas, dalla pronuncia curatissima ) in cui l’influsso di Gounod si innerva di una fantasia e un vigore personale, memore degli ascolti di Wagner e del Verdi dei Vespri. Pregevoli per equilibrio formale i duetti, specie quello dell’atto conclusivo fra Beatrice e Gemma, dopo la bella aria di quest’ultima, che insieme a Simone Bardi – il baldanzoso Jean Francois La Pointe – forma la coppia speculare a quella del poeta e la sua musa.

A Beatrice sono riservati alcuni delicati passaggi lirici, ma dal finale del terzo atto la parte prende il volo e richiede un’inconsueta intensità di temperamento che Veronique Gens ha saputo rendere con trepida luminosità e voce sicura (a Versailles purtroppo la Gens ha avuto un mancamento proprio alla fine della recita ). In bella evidenza anche la svettante Gemma di Rachel Frenkel e lo studente di Diana Axentti. Sicuro sul podio Schirmer, coadiuvato da un’orchestra e soprattutto da un coro (quello della Radio Bavarese) di preparazione impeccabile. Godard, morto a soli quarantacinque anni di tisi, appartiene a quella fascia di operisti che raccogliendo l’eredità di Gounod hanno cercato, con i propri mezzi,sintesi e vie parallele, se non alternative, alle scelte di Massenet.Tacciarlo di puro accademismo è ingeneroso e Dante ne è stata tutto sommato una felice dimostrazione, molto apprezzata dal pubblico di Monaco.