Anche i sindaci si ribellano: le comunità libiche più toccate dalla tratta di esseri umani, da Sabha nel deserto a Sabratha sulla costa, rigettano l’accordo sui migranti siglato dal governo di unità e l’Italia con la benedizione europea: «La nostra priorità è sostenere i nostri figli e non i migranti illegali nei centri [finanziati dalla Ue, ndr]. Li possono ospitare gli europei, noi abbiamo già i nostri problemi», dice alla Reuters Hamed al-Khyali, sindaco di Sabha.

«L’idea di permettere ai migranti illegali di stare in Libia è rifiutata dai libici e dalle autorità», gli fa eco Hussein Thwadi da Sabratha.

Nessuno, aggiungono, li ha informati dell’accordo. Compreso il governo di unità del premier al-Sarraj che continua così a perdere credibilità. Sul piano simbolico e militare: giovedì sera decine di veicoli armati hanno usato piazza dei Martiri, sul lungomare tripolino, come palcoscenico per l’ennesimo show.

I membri della coalizione Bunyan al-Marsous (formata anche dalle brigate di Misurata e impegnata contro l’Isis a Sirte, pagata dal governo di unità e curata negli ospedali italiani dell’operazione Ippocrate), probabilmente guidati dal generale Ghwell, hanno lanciato – o meglio rilanciato – la Guardia Nazionale libica, il braccio armato dell’ex governo islamista di Tripoli decaduto dopo la nomina di al-Sarraj.

Poco dopo il brigadiere al-Zigal ha annunciato la creazione della nuova formazione che, spiega, non è legata a partiti e si occuperà di sradicare l’Isis e mettere in sicurezza ambasciate (la sola presente è quella italiana), coste e istituzioni nazionali.

I compiti di cui al-Sarraj ha investito le guardie presidenziali. Dunque la Guardia Nazionale sosterrà il governo di unità? No, specifica al-Zigal, non è un soggetto legittimo.

Di certo è un soggetto con scarsa presenza istituzionale, visto che permette simili protagonismi nel cortile di casa: di reazioni alla parata militare non ne sono giunte. Sullo sfondo sta un’Europa alla ricerca di stabilità per imporre i propri piani migratori.

Centrale è il controllo delle coste, spezzettate in tante autorità quante ce ne stanno in Libia. Per questo Bruxelles apre al generale Haftar, nell’idea di infilarlo nel governo di al-Sarraj e garantirsi così l’appoggio dell’esecutivo ribelle di Tobruk, ad oggi contrario all’intesa migranti.

In tal senso va letto sia il pressing italiano sulla Russia pro-Haftar (il ministro degli Esteri Alfano incontrerà il russo Lavrov il 16 febbraio a Bonn) sia il siluramento dell’inviato Onu Kobler. “Scaricato” dallo stesso Haftar nonostante la manifesta intenzione di coinvolgerlo e di sostenere il piano italiano di aprire un consolato a Tobruk, Kobler è stato sostituito con Salam Fayyad, ex premier palestinese che ha legami stretti con i principali sponsor arabi del generale, Egitto e Emirati Arabi.