Dopo le dimissioni, formalizzate il 27 dicembre, era andata, ieri, a Palazzo Chigi, per restituire la fascia tricolore. Per riconsegnarla al premier Paolo Gentiloni. E altri 22, arrabbiati, sindaci della Valle Peligna erano pronti a seguirla. Tutti contro la realizzazione, a Sulmona, della centrale di compressione Snam del metanodotto Brindisi-Manerbio che il governo, con un colpo basso e scongelando improvvisamente una pratica ferma da anni, ha approvato a fine mandato.

Ma il primo cittadino di Sulmona, Annamaria Casini, non è riuscita ad avere alcun confronto col presidente del consiglio che, semplicemente, non si è fatto trovare. Con lei, a Roma, una delegazione di sindaci del Centro Abruzzo, e il sottosegretario alla presidenza della Giunta regionale d’Abruzzo, Mario Mazzocca, in prima linea nelle battaglie a difesa dell’ambiente. Il gruppo è stato ricevuto dal consigliere politico di Gentiloni, Gabriele De Giorgi. Insieme hanno esaminato il documento sottoscritto dai sindaci del territorio che vuole il blocco della scellerata iniziativa e in cui si chiede di revocare la delibera del governo del 22 dicembre che dà il via libera alla costruzione dell’impianto, evidenziando «che non si può mortificare un intero territorio» e sottolineando la contraddizione tra questo progetto, definito deleterio, e l’inserimento di Sulmona, nel programma di Casa Italia sulla prevenzione sismica. «Per il momento – annuncia Casini al termine del summit – l’iter di autorizzazione è congelato».

Ai primi di gennaio, passate le feste, dovrebbe essere il governatore Luciano D’Alfonso, ad incontrare il premier sulla questione. La Regione presenterà ricorso al Tar e vuole bloccare l’autorizzazione puntando sul fatto che si tratta di zona ad elevato rischio sismico, come confermato anche dagli esperti della commissione Grandi Rischi, e sulla violazione degli usi civici. «Davanti all’uso civico cade l’interesse nazionale strategico invocato dal Consiglio dei ministri», spiega il vice presidente della Regione, Giovanni Lolli. Ma D’Alfonso vuole provare anche a mediare, pur se la trattativa si annuncia ardua: la Snam, che fa sapere che non si tratta di un impianto pericoloso, non sarebbe disposta a cambiare tracciato al gasdotto, né a rinunciarvi.

Intanto il Consiglio provinciale dell’Aquila ieri ha votato all’unanimità una mozione nella quale esprime netta contrarietà al progetto e che impegna il presidente della Provincia, Angelo Caruso, a verificare «la fattibilità di azioni legali di contrasto all’opera e a finanziare un apposito studio sulla qualità dell’aria nelle aree interessate».
La centrale ha sostanzialmente messo a subbuglio la politica regionale e locale e rischia, tra imbarazzi e dimissioni, di provocare una battaglia interna ai partiti, a cominciare dal Pd, di far saltare accordi e rapporti alla vigilia del voto. Di «regalo sgradito» parla Forza Italia. Rifondazione comunista dà della «lingua biforcuta» al Partito democratico; Sinistra Italiana definisce la faccenda «sveltina di fine legislatura», mentre Mdp-LeU ricorda che la centrale «avrà un carico di 162 tonnellate annue di monossido di carbonio e ossidi di azoto con danni certificati per la salute. Ma ciò che alimenta la più giustificata paura popolare è il rischio sismico».
Pronti a scendere in campo, a fianco della popolazione, Cgil e Uil. E poi c’è il fronte, agguerrito, dei sindaci che ritiene questi interventi «nocivi e fortemente impattanti, confortati anche da studi e perizie scientifiche».