Riceverli è stato il primo atto di Luigi Di Maio da ministro del lavoro e sviluppo, ma oggi i ciclofattorini («riders») che lavorano per le piattaforme digitali nelle consegne del cibo a domicilio sono stati messi in soffitta. Passato il clamore progandistico, coloro che sono stati ritenuti dal governo «populista» un «simbolo» della precarietà attendono ancora la convocazione del «tavolo» con le aziende e i sindacati.

Di Maio ha scelto questa «concertazione» invece di procedere spedito verso l’unica soluzione che permette di rendere giustizia a questo segmento del lavoro digitale: il riconoscimento della subordinazione lavorativa necessaria ad imporre ai capitalisti delle piattaforme il rispetto dei diritti in una società dove prevale la centralità del lavoro subordinato. Questa norma è stata inizialmente prevista in una bozza del «decreto dignità». è durata all’incirca 48 ore, poi è sparita, sostituita dal «tavolo» che dovrebbe produrre un accordo tra le parti. In caso contrario Di Maio ha promesso una legge, ma non è ancora chiaro di quale natura. Sindacati e lavoratori hanno una posizione precisa: non intendono arretrare dal riconoscimento della subordinazione, ipotesi che le aziende non intendono considerare. Se diventasse legge, sarebbe la prima al mondo.

I ciclo-fattorini della «Bologna riders union» e Cgil Cisl e Uil hanno scritto al vicepresidente del Consiglio dei Cinque Stelle chiedendo la riconvocazione del tavolo. Da un mese, dicono, non ne hanno più avuto notizia. «La nostra pazienza è finita – scrive la «Bologna riders Union» – Abbiamo visto solo grandi promesse e annunci. Senza risposte immediate torneremo a farci sentire sotto ai palazzi del potere». «Bisogna dare risposte e tutele, oltre che un dovere, sarebbe una buona notizia per tutto il mondo del lavoro» sostengono i sindacati.