Stamane le nubi camminano basse con pioggia e nevischio. Iniziano i preparativi per il Carnevale, ma l’aria è triste perché ieri è stato il giorno della Memoria e le ultime tristi vicende con terremoti e valanghe hanno annerito anche la neve, il più bel dono della terra alla nostra infanzia. Qui al cohousing aspettiamo Nora e Aldo esperti di silvoterapia. Olga assicura che la silvoterapia è un toccasana. È arte antica che consiste nel soggiorno in luoghi boschivi per ritrovare benessere con l’energia delle piante che stimolano processi vitali e psichici. Dal 1927, riconosciuta metodo scientifico, è raccomandata per patologie broncopolmonari, ma anche psichiche. Fa parte dell’eco-therapy e fa riferimento alla biofilia: ipotesi scientifica, proposta da Wilson nel 1984, che rileva nell’essere umano la tendenza innata ai processi «vitali» con forte attrazione verso il mondo naturale. Ci sediamo in cerchio nel bosco accanto alla casa, con il freddo intenso di gennaio, invitati a narrare al gruppo i nostri «pesi». Lola racconta le difficoltà nel lavoro di accoglienza coi rifugiati, io della sanità dove poter lavorare in «scienza e coscienza» diventa sempre più un lusso, Pier «le grane», a dir poco burocratiche, negli enti amministrativi, Aurora i «traffici» della cultura, Leo la disorganizzazione nella scuola, Anna le sue pene d’amore. Sandro ha perso il lavoro. Tempi critici. Poi il discorso va a ieri, giorno del ricordo della shoah. Aurora parla di Hanna Harent, filosofa tedesca. Nel 1961, Otto Adolf Eichmann è dinanzi al Tribunale di Gerusalemme per rispondere di crimini contro il popolo ebraico e contro l’umanità sotto il regime nazista. Hannah Arendt assiste al processo come inviata del «New Yorker» e scrive il libro «La banalità del male» (Feltrinelli, 1968). Il Male, che Eichmann incarna, appare alla Arendt «banale» e tanto più terribile, perché i suoi artefici, più o meno consapevoli, non sono che pigri e grigi burocrati, tecnici simili tra loro in un contesto di indifferenza «colpevole» simile al nostro. Dopo i racconti in cerchio, arriva il momento centrale della silvoterapia: abbracciare a lungo un albero, quello che preferiamo. Così mi trovo abbracciata alla grande magnolia del cortile. Bauman, filosofo e sociologo polacco, deceduto il 9 gennaio, tra i massimi intellettuali contemporanei, nel suo libro «vivere il futuro» (Ed.Castelvecchi, 2016), di fronte alla turbolenza di questa epoca ci convoca a «fare la storia» come ci insegnava Gramsci e penso che forse con gli alberi, alleandoci alla terra, ce la possiamo fare. Non ci crederete, ma non ho preso neanche un raffreddore.