Riabilitato. Eleggibile. Significa che Silvio Berlusconi non solo non è più terrorizzato dallo spettro di nuove elezioni a breve ma, al contrario, userà presto tutti i mezzi a propria disposizione per tornare al voto. Presto, non subito. Prima di tutto perché è possibile e prevedibile il ricorso della Procura di Milano contro il Tribunale di Sorveglianza che, sulla base della linea sin qui prevalente in Cassazione, ha deciso di non considerare ostativi alla riabilitazione, che può essere chiesta sempre dopo tre anni dal fine pena, i «carichi pendenti», cioè i processi che ancora vedono il signore d’Arcore alla sbarra. Ma anche perché, a questo punto, lo stesso Berlusconi spera che il governo gialloverde nasca e sopravviva almeno alcuni mesi, per dare una prova di sé che l’ex Cavaliere prevede disastrosa.

L’istanza accolta dal Tribunale di sorveglianza, di cui ha dato notizia ieri il Corriere della Sera, era stata presentata il 12 marzo. La sentenza era attesa per luglio (Berlusconi è stato condannato per frode fiscale), ma il diretto interessato sapeva già che sarebbe arrivata in anticipo. Era al corrente anche della data in cui sarebbe stata emessa ed era decisamente ottimista sugli esiti. Ma per una volta la notizia è stata davvero tenuta segreta. Sia il condannato in attesa di riabilitazione sia i suoi legali erano infatti perfettamente consapevoli della levata di scudi che sarebbe arrivata, immancabile, e di quanto questa avrebbe potuto pesare sulla decisione del Tribunale di Sorveglianza.

Sulla carta, ora, Berlusconi potrebbe candidarsi senza neppure attendere le prossime elezioni. La legge prevede infatti che, in caso di dimissioni o scomparsa di un parlamentare eletto in un collegio uninominale, si debba procedere immediatamente a elezioni suppletive. È una tentazione che non sfiora neppure il riabilitato. In parte perché la sua candidatura ridarebbe immediatamente fiato alla campagna sul conflitto di interessi: la linea di Berlusconi è invece sostenere che si può essere leader politico senza bisogno di sedere in Parlamento e che pertanto il conflitto di interessi non lo sfiorerebbe in alcun caso. Ma soprattutto perché l’uomo conosce benissimo le dinamiche della comunicazione e sa perfettamente che il «buono» conquistato ieri deve essere messo all’incasso alle prossime elezioni politiche e non sprecato per rientrare subito in Parlamento.

C’è un’ulteriore decisione importante che Berlusconi e i suoi avvocati devono adesso prendere: cosa fare del ricorso presentato presso la Corte di Strasburgo, la cui decisione è attesa per l’autunno. Era la carta su cui Berlusconi contava per rientrare in partita a pieno titolo comunque. Ora rischia di trasformarsi in un boomerang: un’eventuale sentenza negativa vanificherebbe l’effetto mediatico della riabilitazione. D’altra parte una conferma da parte di Strasburgo moltiplicherebbe l’effetto politico della sentenza milanese mentre tirarsi indietro ora potrebbe apparire come una fuga, dopo aver sbandierato per anni il ricorso a Strasburgo. Non è una decisione facile e certamente Berlusconi non la prenderà prima di aver capito come la Procura reagirà alla riabilitazione.

Le reazioni di Forza Italia sono improntate a sfrenato e comprensibile tripudio. «Finisce un calvario giudiziario politico e umano», gioisce la capogruppo al Senato Bernini, sottolineando che la cacciata del leader forzista dal Parlamento è «una macchia indelebile che ha condizionato il corso della vita politica italiana». La presidente dei deputati Gelmini conferma che «ora l’Italia potrà contare di nuovo su di noi» ma specifica che «l’atteggiamento di Fi verso il possibile governo Lega-5S non cambia». Sarà opposizione ma confidando nel fatto che «Salvini porterà al governo il programma del centrodestra».

In realtà, invece, la possibilità di candidarsi per Silvio Berlusconi cambia tutto. Il leader azzurro si era rassegnato a far partire un governo che in cuor suo detesta per paura delle elezioni in luglio ma anche in autunno. Ora il quadro è rovesciato. Berlusconi vuole quelle elezioni che prima temeva, dunque la sua opposizione sarà molto più dura del previsto e subito dopo il varo della finanziaria si attaccherà a ogni appiglio per chiedere all’ancora alleato leghista di abbandonare la maggioranza. Sempre che, nel frattempo, non sia riuscito a conquistare quegli otto voti al Senato che gli garantirebbero potere di vita o di morte sul governo.