Tutto da rifare, la mediazione è fallita. In Libia, in un colpo solo, si ritorna al 2014: è stato silurato l’inviato speciale delle Nazioni unite, il diplomatico spagnolo Bernardino León. Sarà sostituto il 20 ottobre dall’ex inviato dell’Onu in Congo, il tedesco Martin Kobler (nella foto). Ancora una volta l’Italia è assente e non è stata neppure presa in considerazione una possibile candidatura italiana di rilievo come sarebbe potuto essere Romano Prodi, che fu contrario alla guerra e che ora non minimizza il ruolo di Tripoli nello scontro tra i due parlamenti libici.

Il premier italiano Matteo Renzi e il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni che avevano dato pieno sostegno alla mediazione di León ancora una volta sono stati tagliati fuori – o si sono autoesclusi – nella scelta del nuovo incaricato che avrà un ruolo centrale nel traghettare la Libia verso un possibile intervento internazionale di stabilizzazione o di aggressione di Tripoli.
Le parole di Renzi: «L’Italia è pronta ad assumere un ruolo guida in Libia», pronunciate all’Assemblea generale delle Nazioni unite e che avevano ricevuto il plauso del presidente Usa, Barack Obama, suonano sempre di più come un vuoto ritornello.

Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite nel marzo scorso aveva approvato due bozze di risoluzione sulla Libia. La prima, di natura tecnica, stabiliva la proroga della mis–sione Unsmil per sei mesi. Il documento, oltre a confermare le sanzioni internazionali alla Libia, prorogando l’embargo contro le armi, il congelamento degli asset finanziari per entrambe le fazioni libiche in conflitto, confermava il mandato del rappresentante speciale del segretario generale Onu Ban Ki-moon in Libia, lo spa–gnolo Léon, fino al 30 settembre.

Nella nuova fase negoziale in Marocco, León si era più volte detto sicuro dell’accordo tra Tripoli (islamisti con miliziani di Misurata e Qatar) e Tobruk (militari filo-Haftar con miliziani di Zintan ed Egitto) fino ad annunciare la possibile lista dei ministri e la sottoscrizione definitiva dell’intesa. I due parlamenti invece non hanno ancora ratificato l’accordo di Skhirat, che di fatto resta solo sulla carta, mostrandosi del tutto indifferenti rispetto alla fine del mandato del mediatore Onu, e segnandone così la sconfitta politica e diplomatica. Fino a ieri era ancora ravvisabile una possibile estensione del mandato di León considerando la vicinanza della scadenza della fase finale dei colloqui. È stata tuttavia scartata l’ipotesi, avanzata da molte fonti, di un possibile temporaneo diumvirato tra i due diplomatici per camuffare il benservito a León.

Lo spagnolo si è dimostrato un mediatore debole, eccessivamente appiattito sulle posizioni di Tobruk, incapace di promuovere un dialogo effettivamente inclusivo di tutte le fazioni libiche e di leggere la realtà sul campo. Il suo successore Martin Kobler purtroppo non ha credenziali migliori di León in merito alla Libia. Anzi il profilo di Kobler sembra più interventista del suo predecessore e potrebbe preludere ad una guida militare tedesca in un possibile attacco in Libia.
Prima di essere destinato in Congo nel 2013, sotto la guida del segretario generale Ban Ki-moon, Kobler è stato inviato speciale in Iraq dall’ottobre 2011 a luglio 2013. In precedenza era stato vice inviato speciale in Afghanistan dal 2010 al 2011. La sua carriera non si è limitata però alle Nazioni unite: è stato ambasciatore in Iraq, Egitto e capo di gabinetto dell’ex ministro degli Esteri tedesco, Joschka Fischer, dal 2000 al 2003.

L’avvicendamento sancisce di fatto il fallimento fin qui dei colloqui avviati e avvicina un attacco internazionale contro Tripoli che potrebbe fare solo gli interessi del Cairo. La giustificazione addotta dai paesi europei (promotori della missione Eunavfor Med che permette di violare le acque territoriali libiche) fin qui è stata di voler fermare, colpendo gli scafisti («con effetti collaterali, purtroppo» ha annunciato Mogherini), i flussi migratori che arrivano dalla Libia, in aumento dopo il golpe di Haftar del 2014. Per questo negli ultimi mesi non sono mancati colpi di scena, dai piani straordinari anti-migranti di Tripoli alla battaglia mediatica con falsificazioni di attacchi a giacimenti e uccisioni di contrabbandieri, come nel caso del capo clan Salah Al-Maskhout, di fatto mai avvenuti.