Il recente licenziamento di Szabolcs Dull, direttore di index.hu, il più importante giornale online ungherese, rappresenta un nuovo episodio nell’attacco alla stampa critica che da anni il governo Orbán porta avanti.

Molto critico nei confronti dell’attuale esecutivo a costo di finire nel mirino del premier, index.hu è diventato un punto di riferimento per quanti non si riconoscono nella linea politica degli orbaniani. Questo tentativo di dare voce a un’altra Ungheria, quella che cerca di opporsi in qualche modo alla deriva autoritaria che il paese conosce dal ritorno di Orbán al potere, ha comportato un prezzo da pagare, certo.

Va però detto che il licenziamento di Dull non è certo passato inosservato e ha provocato una reazione: i redattori del giornale si sono licenziati in massa, decine di migliaia di dimostranti hanno preso parte ad una marcia di protesta promossa dal partito di opposizione Momentum. Quest’ultimo è un soggetto politico di recente fondazione che ha partecipato alle elezioni politiche ungheresi per la prima volta nel 2018 senza peraltro riuscire a ottenere seggi in Parlamento.

Proveniente dalle iniziative della società civile e caratterizzato da una composizione prevalentemente giovanile, Momentum ha iniziato a farsi strada dopo il voto di due anni fa, è parte attiva nella critica al governo, anche se non soprattutto quella di piazza, e giorni fa ha invitato a manifestare per la libertà di stampa, prendendo spunto da questo nuovo triste episodio.

Segnali poco rassicuranti nella vita di Index, uno dei pochi giornali indipendenti nel paese almeno fino a non molto tempo fa, si erano manifestati con l’acquisto, da parte di un imprenditore vicino al primo ministro, di una quota pari al 50% della società editrice. Cosa che aveva portato Dull a lanciare l’allarme: “La nostra voce indipendente è in pericolo, rischiamo la chiusura”, aveva detto.

Il fatto è che non si tratta dell’unico episodio del genere. Da quando Viktor Orbán è tornato al potere lavora a un progetto teso a creare un sistema sempre più dirigista, sempre più capace di controllare le principali manifestazioni della vita pubblica del paese e i settori più strategici come quello dell’informazione impegnandosi a silenziare le voci dissenzienti.

La vicenda più clamorosa, in questo senso, è stata la chiusura dello storico giornale di opposizione Népszabadság, avvenuta nell’autunno del 2016 dopo che la società editrice era stata rilevata da un personaggio influente molto vicino al primo ministro. Svolgendo un giornalismo di tipo investigativo il Népszabadság denunciava sovente casi di corruzione che vedevano coinvolti membri del governo e funzionari della Banca nazionale e accusava l’esecutivo di condurre una politica antidemocratica.

In questi anni Index ha fatto un lavoro simile arrivando a infastidire un sistema impegnato a chiudere gli spazi residui di critica e a impedire una qualsivoglia presa di coscienza da parte delle persone. Purtroppo, a fronte delle manifestazioni di protesta, ci sono nel paese chiari segni di indifferenza e rassegnazione che sono la migliore sponda per questo tipo di manovre. È forse soprattutto lì che bisogna agire.