Giampiero Rappa è una figura molto interessante della scena italiana oggi. Autore drammatico di scuola «genovese», dagli esordi romani assieme a Paravidino è arrivato a scrivere testi molto personali e vissuti (un esempio per tutti il bellissimo Coraggio di Adele). Autore di diverse regie, docente di recitazione, si rivela ora anche attore di vaglia in prima persona, come protagonista nella sua ultima creazione, Nessun luogo è lontano (andato di recente in scena all’Argot Studio).

Protagonista del testo è uno scrittore, che dopo un romanzo di successo, ha rifiutato pubblicamente in tv il premio letterario che gli era stato assegnato denunciandone la combine, creando tale scandalo e scompiglio da indurlo letteralmente alla «fuga». Vive infatti solitario e isolato, in una sorta di baita fuori di un paese, immerso nella natura, e più ancora nel silenzio in cui va rimuginando il proprio rapporto col mondo.
In quell’universo ascetico e modesto, di rabbia e distacco silenziosi, irrompono contemporaneamente due figure: una giovane giornalista d’assalto, la cui testata ha strappato una intervista allo scrittore autoesiliato; e poi un nipote di questi, che si rifugia dallo zio, temporaneamente in fuga da una madre ossessiva.

Il dialogo tra i tre sembra impossibile, barricato ognuno dentro il proprio ruolo. Il protagonista con la sua sensibilità rappresa e congelata nell’isolamento che si è costruito, gli altri due che si protendono, ognuno con i propri strumenti (professionali per lei, sentimentali per l’altro) a cercare di espugnare quella solitudine per loro tanto fastidiosa, quanto incomprensibile. E i dialoghi, nella loro essenzialità, grazie alla situazione assumono un carattere quasi pinteriano: non tutto è chiaro, le notizie sono ellittiche, eppure la tensione è forte, e di sbocchi non si vede l’ombra. E le note di Stefano Bollani acuiscono la sospensione delle parole.

Poi, la drammaturgia impone un cambio di passo, e il ritrovarsi dei tre personaggi assieme porta allo sbrinamento degli spigoli caratteriali, e soprattutto delle ragioni di fondo che li hanno ispessiti. Non c’è happy end, ma esser potuti entrare in quella stanza isolata a osservare quei materiali umani, lascia l’appagamento dell’esperimento scientifico, che ogni spettatore poi può commisurare alle proprie capacità e situazioni. Nessun luogo è lontano è un bel testo drammaturgico, che prende corpo negli interpreti giusti: lo stesso Rappa, misurato e implacabile nel ruolo centrale; e i suoi interlocutori ugualmente perfetti, senza strafare mai, Valentina Cenni e Giuseppe Tantillo. Per le loro vicende, nessun luogo è lontano, neanche dal pubblico.