Ce l’hanno fatta, Lega e 5 Stelle sono riusciti ad approvare una legge alla camera senza mai intervenire in aula – i trenta secondi di martedì dell’anziano liberal-leghista Basini sono l’eccezione sfuggita al controllo. La legittima difesa ha ridotto al silenzio assoluto i 5 Stelle e i leghisti, cioè la maggioranza. Loquaci solo le opposizioni, quelli di Fratelli d’Italia e Forza Italia nel tentativo di intestarsi la riforma. Quelli di Leu, inorriditi per le «martellate alla civiltà giuridica». E quelli del Pd, impegnati a far dimenticare che nella scorsa legislatura avevano tentato una cosa simile.

Ma i due mutismi non sono identici. Quello leghista è il silenzio di chi ha afferrato un boccone saporito e non vuole lasciarlo cadere. Quello grillino è l’annichilimento delle vittime che per tutta la mattina e il primo pomeriggio di ieri hanno cercato di rendersi invisibili in aula. Restando fuori, nei corridoi e alla buvette, rientrando di corsa per votare e non sempre e non tutti: tante le assenze. O sprofondando negli scranni, a sfogliare siti o guardare programmi tv (Porta a Porta della sera prima, con ospite leghista). Aspettando che finisse.

È FINITA che un 5 Stelle è dovuto intervenire per forza, per la dichiarazione di voto, ed è stato estratto il deputato Di Sarno. Ha letto un testo di due pagine, studiato a dovere con l’evidenziatore rosa: «Stiamo per approvare un provvedimento largamente dibattuto, tanto nelle sedi istituzionali dagli addetti ai lavori che nelle case degli italiani, dai nostri concittadini». Dibattuto da tutti, tranne che dai deputati 5 Stelle. Applausi timidissimi. Giubilo ed esultanza invece nei banchi leghisti, per un giorno riuniti a quelli alla loro destra (Fratelli d’Italia) e alla loro sinistra (Forza Italia) con i berlusconiani a sottolineare il concetto srotolando striscioni: «Finalmente una cosa di centrodestra». Ai banchi del governo solo sottosegretari leghisti. Poi la scena si è ribaltata, quando la camera è passata a discutere la legge sul voto di scambio. Modestissima contro partita grillina alla legittima difesa. Lì sono usciti i governanti leghisti ed entrati i 5 Stelle e di nuovo consegna del silenzio per i deputati di maggioranza. Un governo in due tempi.

NEL VOTO finale mancano 25 sì dei 5 Stelle, assenti ingiustificati che si aggiungono a un’abbondante fetta del gruppo in missione, 29. Molti di loro – Sportiello, Vizzini, Sarli, Gallo, Ehm, Brescia, Cunial – avevano anticipato la contrarietà al provvedimento. Per la prima volta, dunque, prende corpo un dissenso consistente. Dissenso comodo, perché reso ininfluente dal voto favorevole della destra. Ma stavolta più trasparente, tanto che alcuni – il presidente della prima commissione Brescia, ad esempio – sono rimasti in aula senza però inserire la tessera elettronica. Anche il presidente della camera e capo corrente Fico è riuscito a non esserci per gran parte del dibattito, era in Russia, poi è tornato ma non si è presentato all’inizio delle dichiarazioni di voto. Proprio lui che aveva invitato a leggere politicamente le sue assenze al tempo del decreto sicurezza. Pizzicato dal deputato di +Europa Magi, Fico è risalito a presiedere proprio alla fine. I voti favorevoli sono stati 373 (167 della maggioranza e 106 delle opposizioni) e quelli contrari 104. Una fronda grillina si annuncia già al senato, dove la legge dovrà tornare per la terza lettura – e sarà la prima volta in questa legislatura per una legge di iniziativa parlamentare. Ma malgrado i numeri più risicati per la maggioranza a palazzo Madama, il dissenso sarà di nuovo ininfluente grazie al soccorso dell’opposizione di destra. Forza Italia ha gradito assai questo ritorno al vecchio ordine delle cose, con Salvini nell’abbraccio del centrodestra. Anche se avrebbe voluto di più, tipo l’inversione completa dell’onere della prova a favore di chi spara per difendersi in casa. O i corsi di tiro a domicilio a cura delle forze dell’ordine proposti dal deputato Bond, Dario Bond.

Unico imbarazzo per i deputati di Forza Italia quando, dopo un po’ che applaudivano a ritmo con i leghisti, questi hanno cominciato a gridare «Salvini, Salvini». Al che gli azzurri hanno improvvisato un «Silvio, Silvio» del tutto fuori contesto: Berlusconi di questa legittima difesa non sa nulla. Il capo leghista intanto twittava: «Altra promessa della Lega mantenuta». E i 5 Stelle, immobili oltre che muti, sprofondavano completamente nei loro banchi, battezzati da Di Maio: «Non è che ci sia tutto questo entusiasmo».