Firma e passa, sign and pass: la campagna arriva in Italia. È stata la società di calcio del Barcellona, insieme all’Unhcr a lanciarla proprio in quei giorni di inizio estate in cui in Italia si faceva a gara a chi più la diceva grossa contro i migranti e le organizzazioni non governative che provavano a soccorrerli in mare.

Firma e passa. La prima firma è di Lionel Messi: «Sono orgoglioso di essere parte di questa importante iniziativa per i rifugiati e spero di poter cambiare la situazione drammatica che stanno vivendo milioni di bambini rifugiati nel mondo. Firma e passa!». È una campagna che usando i testimonial del mondo del calcio dovrebbe avere la forza di rompere gli stereotipi che stanno ammazzando la ragionevolezza e insieme a loro corpi e anime di persone che scappano dalle loro terre. Il calcio mainstream potrebbe fare quello a cui i corpi intermedi della politica hanno abdicato, ossia intervenire sull’opinione pubblica e lanciare un messaggio universale di accoglienza. La società di calcio del Barcellona ha fatto qualcosa in più ed è andata nei campi profughi, a partire dal Libano e dalla Grecia.

Qualcuno dirà che questo è marketing. Può essere, ma è un buon marketing. È il miglior marketing possibile. Proprio nei giorni in cui la Rete Fare organizza le Football People Action Weeks, arriva anche in Italia la campagna Sign and pass, grazie all’Unhcr e ad Atletico Diritti, squadra di calcio di terza categoria del Lazio composta da migranti, studenti, persone provenienti da percorsi penali, e promossa dalle associazioni Progetto Diritti e Antigone, nonché sostenuta da Cild, dall’Università di Roma Tre, da Banca Etica e dallo studio legale Legance.

Arriva dunque in Italia non dalla via maestra del calcio popolare ma dalle serie inferiori e dal calcio femminile. Perché la prima squadra di serie A a firmare simbolicamente il pallone è stata la Res Roma, squadra che milita nella serie A donne. Il calcio si riempie di retorica quando si parla di razzismo. Tutti si indignano quando si sentono negli stadi quei ‘buuuu’ stracolmi di xenofobia, ignoranza, violenza e fascismo.

Le società possono fare ora almeno tre cose vere: aderire alla campagna facendo dire a propri giocatori, dirigenti, allenatori parole inequivocabili pro-refugees; promuovere progetti di inclusione legati al calcio a favore di ragazzi e giovani richiedenti asilo; fare quello che Gianni Mura ha chiesto ai calciatori ossia di scendere in campo per lo ius soli, indossando un nastro giallo nelle prossime partite.
I giocatori di Atletico Diritti lo faranno già sabato prossimo alla prima di campionato. Ma siamo in terza categoria. Sarebbe bello se sabato sera il Napoli di Sarri o la Roma di Di Francesco facessero lo stesso. Anche se a indossarlo fossero solo Sarri sulla sua tuta o solo Di Francesco sulla sua giacca. Se ne accorgerebbero milioni di persone e forse anche quei parlamentari che difettano di coraggio e umanità.