Ciò che ci resterà più nel cuore della seconda tappa del progetto di Virgilio Sieni, dedicato al Vangelo secondo Matteo, è la luce rosata, allungata morbidamente dall’ampia finestra ad arco, su quattro donne pugliesi, circondate da pomodori rossi. Siamo in uno degli spazi più belli del Teatro alle Tese, all’Arsenale – della prima tappa del Vangelo di Sieni, direttore del settore Danza della Biennale, ha parlato su queste pagine Gianfranco Capitta- dove il Vangelo secondo Matteo nella lettura di Sieni diventa un prezioso tempo condiviso tra il pubblico e le molte persone provenienti da tutta Italia, coinvolte dal coreografo a Venezia nei 27 quadri del progetto – nove quelli della seconda tappa. Un’esperienza indimenticabile per l’armonia che piano piano si crea tra chi osserva e chi dà vita all’evento, come se lo spazio si trasformasse via via, lasciando negli occhi la visione miracolosa di una collettività unita.
Il quadro 10 è la Crocifissione, 43 persone della corale G. Savani di Carpi. È un canto magnifico che avvolge l’intero spazio dell’evento. In parte i 43 cantano, in parte si muovono, spostando due lunghi legni. È il momento della salita al Golgota, ma i 43 non sono mimesi del racconto, il loro gesto incarna il venir meno del corpo, la spossatezza, un cammino comune verso la morte. Un rispetto commovente dell’azione in cui ognuno è individuo e gruppo. Le forme del gesto, della coreografia si ripetono, si rinnovano, trovano, nel corso dei 45 minuti dell’evento, lunghi attimi di unione con gli altri otto quadri tra i quali circola il pubblico. Accade, ogni tanto, che davanti, dietro, di fianco a noi, d’improvviso, senza guardarsi, tutti i partecipanti ai quadri levino le braccia verso l’alto, non giunte, ma aperte, una sorta di preghiera laica del corpo, voce di uomini e donne il cui gesto si fa comunità.
Si cammina e il suono dei piedi che si muovono nell’acqua della pozza del quadro 14, Battesimo, tocca a tratti l’orecchio del pubblico. Tre donne e un uomo di Venezia lo incarnano con i corpi vicini, le mani che si toccano. A destra e a sinistra del Battesimo, ci sono due quadri dallo stesso titolo: Pietà_Deposizione. Sono gli unici ad avere come protagonisti quattro danzatori professionisti di Sieni, con loro l’azione dell’accogliere e il sentimento condiviso si trasfigurano dinamicamente in coreografia, ma non di meno «danzatori», in quanto in essi vive una tensione che abbraccia corpo e spirito, sono i partecipanti agli altri quadri, gente comune di ogni età, tra cui molti, magnifici anziani.
Ecco le due coppie, una dal Trentino e una dalla Toscana, a consegnarci due modi di dare corpo al gesto dell’Annuncio dell’angelo a Giuseppe, e ancora dal Trentino in 13 entrano nell’iconografia dell’Ultima Cena che, diventando mobile, incarna la complessa dinamica delle relazioni umane. E se dalla Puglia sei donne, battendo le mani contro una fila di tavoli da scuola, danno voce al coraggio con il quadro Fuga in Egitto, nulla ci colpisce con la forza delle Beatitudini. Le quattro donne di Pezze di Greco in Puglia, testimoni dell’antica cerimonia della filatura dei pomodori, ci parlano di un sapere trasmesso di generazione in generazione, un agire consapevole della natura, del tempo che passa, del nascere, maturare, morire. E così la «beatitudine» diventa un saper stare al mondo nel dolore e nella felicità, un’immagine che scalda, da portarsi a casa nel chiarore della luce rosata di un tramonto veneziano.