L’Italia è un Paese che non ha un’emergenza criminalità. I dati statistici di agosto lo confermano in modo inequivoco. In base ai numeri forniti dal ministero degli Interni, nell’ultimo anno (l’arco di tempo prescelto è 1 agosto 2020-31 luglio 2021), rispetto all’analogo periodo precedente, gli omicidi sono calati da 295 a 276, ossia di circa il 6%. Siamo a un tasso di omicidi pari allo 0,46 ogni 100 mila abitanti, una dei più bassi in Europa. E gli omicidi calano nonostante sia ancora troppo alta la quota di donne assassinate, ben 105. Guardando le statistiche criminali, dunque, possiamo osservare che sono diminuiti significativamente negli ultimi vent’anni gli omicidi riconducibili alla criminalità organizzata, alla criminalità comune, o quelli avvenuti a seguito di furti o rapine. Mentre non è rallentata la violenza di genere. Sempre nell’ultimo anno sono decresciuti i furti (-12,8%) e le rapine (-3,8%), nonostante l’anno precedente era stato quello del lockdown con almeno due mesi di criminalità anestetizzata.

Il leit-motiv della sicurezza ha caratterizzato le ultime campagne elettorali. Il fronte progressista e democratico non è mai riuscito ad emanciparsi da quella visione securitaria e populista che ha cercato di sfruttare ogni episodio di cronaca nera, alimentando paure ancestrali e cavalcandole opportunisticamente.

Abbiamo un codice penale (quello Rocco del 1930) di evidente impronta autoritaria e non riusciamo a modificarlo in sintonia con i principi costituzionali dell’offensività e della ragionevolezza. Continuiamo ad alzare le pene per i reati contro il patrimonio fino a prevedere pene per il furto in appartamento pari a quelle previste per reati contro la persona, trasformiamo i consumatori di droghe in pericolosi criminali, legittimiamo il ricorso alle armi per difendersi da nemici inesistenti. Andrebbe verificato, tra gli autori di femminicidi, quanti sono quelli che ammazzano con un’arma legalmente posseduta.

Questi numeri ci dicono almeno tre cose. In primo luogo non esiste un’emergenza sicurezza nel nostro Paese e chiunque la evochi è in evidente malafede. Non avrebbe giustificazione razionale impostare la prossima campagna elettorale municipale su questo terreno. In secondo luogo bisognerebbe finalmente aprire un cantiere di riforma del codice penale, epurandolo dagli eccessi punitivi e dalle concessioni all’autoritarismo dell’epoca in cui fu approvato. Infine bisognerebbe affrontare la questione criminale insieme a quella sociale e culturale. Penso che sarebbe buona cosa, ad esempio, indagare statisticamente se il calo dei furti negli ultimi anni sia legato all’introduzione del reddito di cittadinanza che ha tolto dalla povertà quote di popolazione. Le statistiche criminali del Ministero degli Interni ci dicono che è arrivato il momento di fare marcia indietro e tornare dallo stato penale allo stato sociale, ripulendosi dalla retorica della tolleranza zero e di tutti i seguaci, sconfitti dalla storia e dal buon senso, di Rudolph Giuliani.