Ci vuole la «National security strategy». Ecco l’idea di Di Maio per tentare di recuperare un po’ di quel terreno che Salvini gli ha irrimediabilmente sottratto. Vuole passare all’attacco sul tema della sicurezza, che evidentemente paga nei sondaggi. Trova furbo approfittare del pericolo scampato a San Donato milanese per dire che, certo, «le forze di polizia italiane sono un esempio nel mondo». Ma si può fare di meglio allargando le responsabilità della sicurezza anche al ministero della difesa e a quello dei… trasporti, sotto la regia di palazzo Chigi. Tre postazioni in mano ai 5 Stelle. «Serve di più sulla prevenzione», dice il ministro del lavoro e sviluppo. E, intervistato dalla Stampa, ricorda: anch’io sono vicepremier.

Dal Viminale la risposta è un misto di irritazione e derisione. Salvini manda il solito bacione: «Non sono geloso, si può sempre migliorare, se qualcuno mi vuole dare una mano è il benvenuto». Il capo della polizia Franco Gabrielli en passant smonta la teoria di Di Maio: «Di fronte a un terrorismo liquido, indefinito, il tema non è tanto la possibilità di prevenire ma quello di ridurre il danno». E aggiunge: «Il sistema nel caso di San Donato milanese ha funzionato». Il Viminale si preoccupa di dimostrarlo con una puntigliosa ricostruzione dei fatti: sono passati meno di venti minuti dalla telefonata al 112 da parte del tredicenne Ramy Shehata dall’interno del bus dirottato alla liberazione di tutti i ragazzi e all’arresto dell’autista. Il comunicato sottolinea che nel frattempo il Numero unico delle emergenze ha gestito altre 29 chiamate relative allo stesso fatto «con un tempo di risposta medio di 2,6 secondi». E conclude ricordando i fondi stanziati in legge di bilancio per il Nue «su proposta del ministero dell’interno». Dunque «c’è particolare soddisfazione e orgoglio per il sistema di sicurezza coordinato dal ministero dell’interno».

Di Maio incassa. La ministra della difesa Trenta prova una reazione dicendo a Salvini che «pensiamo anche noi che i nostri apparati di intelligence, i nostri militari e le nostre forze di polizia siano le migliori al mondo, ma occhio a prendersi i loro meriti perché è una cosa sulla quale la politica è scivolata spesso». È subito chiaro, però, che il capo dei 5 Stelle ha scelto una strada in salita per inseguire un ministro dell’interno che da nove mesi va in giro travestito da poliziotto. Tanto più che, armato delle sole dichiarazioni a sostegno di Toninelli, si imbarca nell’esaltazione del modello americano. La National security strategy nella pratica è un documentone annualmente rilasciato dalla Casa bianca che propone scenari sulla sicurezza, nel caso di Trump, vanno dal muro con il Messico alla cyberguerra, dai dazi in economia alle missioni all’estero. Nulla che abbia una ricaduta pratica immediata. Anzi, quando alla Stampa il vicepremier junior prova a fare un esempio delle possibili novità non gli viene in mente altro che l’uso dei droni per andare a caccia di mafiosi. Salvini replica con l’immaginabile sorriso: «Mi tengo ben stretto il modello di sicurezza italiano. Anche perché negli Usa le stragi purtroppo sono all’ordine del giorno».

A Di Maio e a Trenta non resta altro da fare che approfittare dell’assenza di Salvini da Roma – naturalmente è in campagna elettorale in Basilicata – per precipitarsi a fare le foto con i carabinieri autori del salvataggio.

Dove si potrebbe facilmente smentire il ministro dell’interno, ma Di Maio se ne guarda bene, è nella rinnovato annuncio che toglierà la cittadinanza italiana all’autista del bus. Cosa impossibile, visto che il decreto sicurezza prevede che la procedura si possa attivare dopo una condanna definitiva per terrorismo, e non una semplice imputazione (la Lega avrebbe voluto così, ma era evidente l’incostituzionalità che pure adesso non si può escludere). Infatti il primo caso in cui la nuova disposizione potrà essere applicata riguarda Abderrahim Moutaharrik, il campione di kickboxing di origine marocchina che a febbraio è stato condannato definitivamente a 6 anni per legami con l’Isis. Il Viminale prepara le carte per proporre la revoca al Quirinale.