Fino a due giorni fa tutti gli osservatori (tranne il manifesto) davano per scontato che la Sicilia sarebbe entrata in zona gialla da lunedì per il numero eccessivo di pazienti Covid in terapia intensiva. L’eventualità ha provocato la cancellazione di prenotazioni – fino al 20%, dicono i sindacati del settore turistico – e fosche previsioni economiche per una regione in cui la villeggiatura è un business vitale. A sorpresa di tutti – ma non dei lettori del manifesto – oggi si scopre che la regione rimarrà in zona bianca, nonostante i pazienti ricoverati siano ulteriormente aumentati. Merito di chi ha allargato di quasi 200 posti letto in due mesi la capacità delle terapie intensive sull’isola, facendole apparire più vuote di quello che sono.

In Sicilia la scarsità di medici e infermieri è cronica. Dunque questa capacità aggiuntiva potrebbe essere illusoria, cioè potrebbe trattarsi di letti senza personale. O, peggio, ricadere sui pazienti non Covid, che non trovano più posto né assistenza medica negli ospedali dell’isola perché le risorse sono spostate sulla lotta al Covid. Eppure il governo non ha battuto ciglio e ha certificato, con la zona bianca, che in Sicilia non c’è alcun problema di posti letto.

Su eventuali irregolarità, le forze politiche locali di opposizione hanno chiesto chiarimenti al presidente Musumeci. In ogni caso, la vicenda mostra la debolezza del sistema di indicatori adottato dal governo Draghi che, su proposta delle regioni, ha rimpiazzato il complesso algoritmo con 21 criteri elaborato sotto il Conte 2 per governare la pandemia. Dal 22 luglio scorso, le zone gialle, arancioni o rosse vengono determinate dal ministero della salute in base all’incidenza del virus, al tasso di occupazione delle terapie intensive e agli altri reparti degli ospedali. Un metodo certo più semplice (3 numeri invece di 21) ma a rischio di distorsione. A certificare la disponibilità di posti letto sono infatti le stesse regioni che poi subiscono le ordinanze del ministero. Quando il controllato è anche il controllore il rischio di manipolazione è dietro l’angolo.

Inoltre, il flusso dati tra ministero e regioni deve avere qualche intoppo che lo rende ancor meno trasparente. Il numero che ha indotto tutti in errore, infatti, è stato fornito dall’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (Agenas), secondo cui la Sicilia dispone di 725 posti letto. Dall’agenzia fanno sapere che il numero è stato fornito dallo stesso ministero della salute. Che però ne ha utilizzato un altro fornito dalla Sicilia (833 posti letto). Se un’agenzia dello stato pubblica un dato diverso da quello adottato (ma non pubblicato) da un’altra, raccapezzarsi diventa impossibile.

Infine, stabilire le restrizioni solo sulla base del tasso di occupazione degli ospedali significa agire in ritardo: la saturazione degli ospedali è il sintomo più tardivo della diffusione del virus. Per frenare la pandemia occorre anticiparla, hanno ripetuto allo sfinimento gli epidemiologi, utilizzando allerte precoci come l’indice di trasmissione Rt.

Ovviamente, agire in anticipo significa adottare misure di contenimento quando il sistema sanitario non ha ancora raggiunto il limite – ma per periodi più brevi e con meno danni – che a molti cittadini appaiono esagerate. Alle Regioni questo non piace per ragioni di consenso, e per questo hanno chiesto e ottenuto dal governo Draghi di avere mani più libere.

Nemmeno il sistema precedente era perfetto: oltre alla farraginosità, era stato concepito in epoca pre vaccini e un aggiornamento era necessario. Ma usare 21 indicatori se non altro rende più complicato manipolarli e farla franca: ad esempio, è bastato incrociare i dati sui focolai per capire che l’attività di tracciamento è saltata per gran parte della pandemia, nonostante le regioni dichiarassero di effettuarla in modo capillare.

Non è solo una questione di rigore scientifico. Il ventilato pericolo della zona gialla siciliana ha danneggiato turisti, imprenditori e lavoratori del settore. Anche il diritto alla salute dei siciliani, già limitato rispetto ad altre regioni, è stato ulteriormente compresso dalla necessità di dare priorità ai pazienti Covid a scapito delle altre emergenze sanitarie. Incertezza e opacità penalizzano tutti.