«Water is a human right, don’t let Nestle win this fight»: è uno degli slogan scritti sui cartelli e intonati dalle centinaia di manifestanti che nei giorni scorsi hanno protestato in California di fronte alle sedi della multinazionale Nestlé.

Si protesta per un motivo molto semplice: la popolazione soffre da anni gli effetti della siccità della regione e la Nestlé – nonostante questo – prosegue imperterrita le proprie operazioni di imbottigliamento nello Stato.

La protesta ha come obiettivo quello di chiedere che la multinazionale interrompa le proprie attività di imbottigliamento nello Stato, favorendo dunque un utilizzo dell’acqua da parte della popolazione.

Secondo quanto riportato dai media americani, le proteste di Los Angeles e Sacramento, in particolare, avrebbero sortito alcuni effetti su altre aziende, che avrebbero interrotto l’imbottigliamento, ma non ancora sulla Nestlé.

Stando a quanto comunicato dalla dirigenza, alcune delle petizioni presentate dai manifestanti sarebbero state prese in carico dall’azienda, ma ancora nulla è trapelato al riguardo.
Come ha riportato il Guardian, secondo alcune delle persone che hanno manifestato contro Nestlé, «è molto inquietante e in realtà piuttosto offensivo che una società straniera si prenda la nostra acqua, l’imbottigli e poi finisca per venderla proprio a noi.

E mentre Starbucks ha recentemente fermato le sue operazioni di imbottigliamento di acqua «per ragioni etiche», Nestlé e altre aziende come Wal-Mart «continuano l’imbottigliamento in California», acquistando l’acqua a prezzi bassi e rivendendola con profitti altissimi.