Correva l’anno 2017 quando una grande siccità metteva a rischio la vita di oltre tre milioni di keniani, poi arrivò maggio 2018 e la vita degli abitanti della Rift Valley fu sconvolta da inondazioni che causarono almeno 100 morti e 242 mila sfollati.

SIAMO A MARZO 2019 e il tandem sembra ripetersi: la siccità sta mettendo a rischio la vita di più di un milione di persone in 12 delle 47 contee del Kenya.

Siccità e inondazioni determinano l’erosione dei suoli, ne impoveriscono la fertilità e di conseguenza la produttività (un recente studio indica la tendenza al ribasso di tutti i principali parametri di fertilità: il 45% dei terreni risulta acido, con carenze di azoto, fosforo e zinco). Non c’è humus, i terreni non trattengono l’umidità: la conseguenza è l’arrivo della siccità subito dopo le piogge: di conseguenza la produzione sia alimentare che vegetale è del 30% al di sotto della media. L’altro effetto è la perdita di impieghi nel settore agricolo che da solo garantisce il 42% dei posti di lavoro in buona parte piccoli agricoltori che da soli contribuiscono al 75% della produzione agricola totale. Questo alternarsi di siccità interrotte da inondazioni si è verificato nel 2004, 2006, 2009, 2011, 2014, 2016, 2017, 2018.

L’EPICENTRO DEL PROBLEMA è sempre il nord del Paese (Turkana, Isiolo, Garissa, Wajir, Kilifi, Baringo, Marsabit, fiume Tana, Samburu, Mandera, Kitui e Makueni), ma tra le 12 contee c’è anche Kajado che coincide con la vasta periferia della capitale. Tutte zone dove abitualmente l’80% dei residenti vive sotto la soglia di povertà, persone che non hanno scorte alimentari o di acqua, che vivono solo di pastorizia e quando la pioggia non arriva si muovono, seguono le stagioni, vanno alla ricerca di pozzi, si scontrano con altri gruppi per difendere pascoli e sorgenti, ma a un certo punto, dopo aver seguito ogni possibile itinerario si fermano e aspettano, perché l’unica cosa da fare e sperare nella pioggia. L’unica cosa che come l’amore non sceglie l’erba su cui cadere.

La National Drought Management Authority, autorità per la gestione della siccità, ha lanciato un appello dopo che oltre agli animali sono morte anche le persone. Il governo ha stanziato 1,35 miliardi di scellini (13,4 milioni di euro) per fornire aiuti alle popolazioni. Il vicepresidente del Kenya, William Ruto, ha dichiarato da Nairobi che «si tratta di una situazione ricorrente, ma non grave come l’anno scorso».

I TURKANA tramite uno dei loro leader, Francis Loropiyae, sostengono che avevano lanciato l’allarme nelle scorse settimane, ma nessuno li aveva presi sul serio: «Ci dicevano che stavamo mentendo». I primi anziani hanno iniziato a morire secondo quanto riferito dal chief di Kositei Jack Ronei «almeno 4 persone sono morte in conseguenza della fame e insieme a loro anche centinaia di animali». Ma questo è solo la parte più estrema del problema perché «quelli che sono vivi sopravvivono mangiano frutti selvatici come il sorich, che deve essere bollito per molte ore prima di eliminare il veleno e renderlo commestibile, anche se soprattutto, i bambini e gli anziani, dopo averlo mangiato soffrono di diarrea e vomito, ma non hanno scelta perché non c’è altro». A peggiorare la situazione sono arrivate le cavallette.

Il governo ha fatto arrivare i primi sacchi di mais e fagioli. Per Noellah Musundi della Croce rossa internazionale «non dovremmo mai permetterci di arrivare a questo punto».