Non è il primo album della band fiorentina dei Diaframma ad ispirare il nome del quartetto livornese, che prende piuttosto in prestito l’immaginario evocato dal libro di Nicolai Lilin Educazione siberiana. Certo che Eugenio Sournia (voce), Cristiano Sbolci Tortoli (basso), Luca Pascual Mele (batteria) e Matteo D’Angelo (chitarra), sono un gruppo decisamente fuori dal coro. Nati nel 2014 partono da riferimenti radicati nel sound anni ’80 – nella new wave e nel post punk per intenderci – con synth in bella evidenza e la voce profonda del vocalist a ricamare atmosfere visionarie e storie apocalittiche. In realtà, dietro la musica dei Siberia c’è una grande propensione pop – con la P maiuscola – fatta di melodie di ampio respiro ma senza strizzare l’occhio al mainstream. Tre gli album fin qui pubblicati: In un sogno è la mia patria (2016), Si vuole scappare (2018) e a giorni – il 29 novembre – è atteso il loro terzo lavoro Tutti amiamo senza fine, tutti sotto etichetta Maciste dischi, l’ultimo distribuito da Sugar. Non tragga in inganno il titolo, perché – come spiegano i musicisti: «È un disco dedicato all’amore come impulso più forte della morte». E se nell’album precedente c’era l’impulso «a fuggire», ora è maggiore la consapevolezza che bisogna restare perché «l’inclinazione ad amare è insita nella natura umana ed è più forte di ogni tentativo di annullamento».

La scena livornese da dove provenite è quanto mai ricca di realtà musicali, eterogenee fra loro. Dai Baustelle a Motta, passando per Zen Circus, Virginiana Miller di Simone Lenzi. Come vi spiegate una tale ricchezza di proposte?

«C’è una certa provincialità e al contempo una sana rivalità. Diciamo che la città ha una scena molto forte, tanti gruppi e tanti progetti e un background musicale davvero notevole rispetto a tante altre. Magari rispetto a Firenze, da cui ti aspetteresti di più e che ha vissuto il suo momento d’oro trent’anni fa. Forse il fermento è legato anche al fatto che è una città dove non c’è uno sbocco turistico, dove l’industria e il porto sono in crisi, e allora – forse – una valvola di sfogo è anche fare musica. Anche se all’inizio non godevamo di molto credito, venivamo visti come un gruppo «pop». Il contratto con la Maciste dischi ci ha aiutato a confrontarci con un’altra realtà e in una dimensione nazionale».

In una galleria di relazioni amorose che caratterizza il vostro terzo album, inserite la figura di Ian Curtis…

«In realtà Ian Curtis nella canzone è visto in maniera piuttosto trasversale. Raccontiamo come il leader dei Joy Division «entra» nella vita di un adolescente che inizia a scoprirsi e a identificarsi con un gruppo sociale e un modo di vivere».

«Peccato» è una delle tracce più oscure, dal significato ambivalente…

«Sono una persona (risponde Eugenio, l’autore, ndr) che ha avuto un’educazione fortemente cattolica e volevo fare un gioco di parole. Dovendo cercare di traslare il concetto religioso in un concetto laico, forse la cosa che più mi viene in mente è lo spreco. Quando ti insegnano cos’è il peccato, ovvero rinunciare all’amore. Rinunciare all’amore di dio ma anche a tutte le cose belle che puoi fare, per me quel brano è legato all’esperienza del suicidio nonostante il testo non lo enunci in maniera chiara. Con questo tengo a sottolineare che non siamo un gruppo affatto religioso, la mia esperienza è individuale. Io stesso nella vita di tutti i giorni mi trovo nella pratica a sconfessarlo».

Essere musicisti nell’era digitale non è semplice: divisi fra social e una scena frammentata fatta da mille realtà che sgomitano per trovare uno spazio…

«Sicuramente oggi c’è più libertà e noi abbiamo la fortuna di avere un pubblico eterogeneo. La trasversalità ci fa piacere ma in parte un po’ spaventa, certo è che non possiamo pensare troppo e seguire le tendenze e proseguiamo nella nostra strada. Crediamo che gli artisti debbano creare un messaggio originale, ma devono spingere anche chi li segue ad ascoltare altre cose». I Siberia – dopo un set acustico alla Music Week meneghina, da febbraio saranno in tour, prime date: Livorno (15), Milano (19), Roma (22).