*Pubblichiamo stralci dell’intervista rilasciata da Desmond Tutu al manifesto nel novembre 2008, all’indomani dell’annuncio in cui, amareggiato per le faide interne all’Anc, l’arcivescovo anticipava che non avrebbe votato alle presidenziali di aprile, vinte poi da Zuma. Nell’intervista, realizzata a Capetown da Serena Corsi, Tutu riflettere sullo stato di salute della Rainbow Nation a 14 anni dala fine dell’apartheid.

«Le cose potrebbero essere di gran lunga migliori, ma non dimentico mai quanto sono state peggiori. Quando penso da dove veniamo, la nostra stabilità mi sembra incredibile. Molta gente si aspettava un bagno di sangue razziale da parte dei neri, oppressi cosi a lungo. Abbiamo sorpreso e dato una lezione al mondo con la nostra transizione pacifica. Ma è chiaro che ci sono ancora troppi problemi. Primo fra tutti col- locherei quello della casa. Troppe persone continuano a vivere nelle baracche. Subito dopo viene il tragico ritardo nel diritto all’educazione e alla salute. E la piaga dell’aids non sarebbe così grave se non avessimo perso anni di tempo con politiche sbagliate. D’altra parte diventare liberi non significa ritrovarsi una bacchetta magica fra le mani (…)».
«Molti di noi sono tristi per il fatto che gli ideali che avevano animato la lotta contro l’apartheid sembrano essere sfumati in un mare di divisioni. È vero, fa sentire amarezza… ma questo è l’evolversi naturale della politica. Quante divisioni politiche avvengono in Italia? Un italiano cambia piu governi che calzini! L’Italia è anche un buon esempio della prominenza della mafia e della corruzione in politica… Succede ovunque, non è certo una nostra peculiarità. Ma anche così fa male, perché noi pensavamo di essere speciali. E lo siamo stati: la nostra gente ha lottato in un modo speciale. Irripetibile (…)».
«La gente ora vede chiaramente che la grande maggioranza dei politici ha completamente perso l’orizzonte ideale. Ha abbandonato l’idea che i nostri politici non si sarebbero lasciati corrompere. Lo stesso Jacob Zuma alcuni anni fa, coinvolto nello scandalo della compravendita di armi , aveva dichiarato “se cadrò, non cadrò da solo”, rendendo così noto che molti altri politici erano coinvolti nello scandalo (…)».
«Riguardo ai recenti attacchi xenofobi e ai saccheggi nelle township, la gente di fronte a una situazione economica personale disastrosa, alla disoccupazione, ha cercato un capro espiatorio. Non uno qualunque ma qualcuno che, partendo da una condizione simile, ce l’aveva fatta. Il più simile a te che però se la cava. Molti dei negozi nelle township sono di stranieri, forse più preparati a sacrificarsi e ad avere meno guadagno (…)».
«È ovvio che la rabbia avrebbe dovuto rivolgersi al governo, ma, e questo è importante, si percepisce il governo come qualcosa di molto lontano, un’entità distante e con cui è impossibile discutere. È come un uomo maltrattato dal proprio capo che, al ritorno a casa, si rifà picchiando la moglie…»