Nel suo intervento nel VII Congresso del Partito comunista, Fidel rivolto soprattutto ai giovani, disse , in sostanza: «fino a qui vi ho condotto io, ora tocca a voi proseguire».

Da gran leader qual è stato, l’ex presidente si rendeva conto che non parlava solo per sé. Per ragioni biologiche, la nuova generazione prenderà presto il potere. I giovani di questa generazione sono cresciuti in una realtà molto diversa dalla vecchia guardia. Conoscono le grandi difficoltà, se non il fallimento, del modello economico statalista, devono affrontare domande sociali crescenti, hanno visto Russia e Cina virare verso forme di capitalismo, seguono con preoccupazione la sconfita della sinistra in zone chiave del continente latinoamericano, come in Brasile, vedono con ansia le difficoltà che incontra il Venezuela.

«PER QUESTO SONO CONVINTO che la nuova generazione cubana non deve fare, per usare un’espressione cubana, más de lo mismo, ovvero ripetere la stessa politica economica e sociale» afferma Julio Norberto Pernus. Giovane di formazione cattolica, laureato in comunicazione e attualmente studente di storia contemporanea. È caporedattore della rivista Vita cristiana, distribuita ogni domenica nelle chiese in 50 mila copie. Isomma una delle pochissime pubblicazioni che circolano a Cuba non controllate dal Partito comunista.

Sul futuro dell’isola dopo la scomparsa del lider maximo Pernus sembra avere le idee chiare: «Non credo che Cuba dopo Fidel sarà molto diversa da quello che era prima – sostiene -. Quando sarà finito questo lungo lutto, asciugate le lacrime per la scomparsa di un gigante della storia cubana e latinoamericana, ci troveremo di fronte agli stessi problemi di prima. In primis, una struttura produttiva inefficiente. Dunque, credo che dovranno continuare le riforme varate dal presidente Raúl. Solo mi auguro in modo più deciso e accelerato. E le condizioni per farlo vi sono. Prima di tutto l’esistenza di più di mezzo milione di piccoli imprenditori privati, i cosidetti cuentapropistas. Ormai essi rappresentano la miglior offerta di beni e servizi. Un secondo fattore interno è costituito dal progredire del dialogo tra il governo di Raúl e la Chiesa che apre possibilità di giungere a un’apertura socio-politica. Infine, il futuro prossimo di Cuba dipenderà dalla politica verso l’isola del nuovo presidente americano Donald Trump».

IL GIOVANE GIORNALISTA prosegue poi parlando di quelle che a suo parere sono le riforme più urgenti da attuare: «A livello economico riformare la struttura produttiva con una crescente partecipazione del settore privato pur sotto il controllo strategico dello Stato. Insomma più mercato, ma mantenendo la struttura socialista». Quanto al campo sociale e a quello politico, Pernus auspica una maggiore apertura ai giovani: «Come dicevo, siamo più pronti al dialogo; sentiamo meno che Cuba sia una fortezza assediata, siamo più aperti al mondo fuori dell’isola. E ci rendiamo conto che è necessario costruire una nuova unità nazionale, alla quale concorrano tutte le componenti della società cubana. In linea con quanto disse papa Francesco quando nella sua visita all’Avana incontrò i giovani: non importa se uno è comunista e un altro un liberale, se è un cattolico o un ebreo, l’importante è dialogare e operare insieme per costruire qualcosa di concreto. Da parte mia lo sto sperimentando. Nel mio corso di laurea vi sono giovani iscritti al Pc, funzionari del ministero dell’Interno. Con loro discuto spesso. Siamo d’accordo che l’ideologia è un freno. Essenzialmente abbiamo le stesse idee, preparare la Cuba del futuro prossimo, più prospera, più democratica, dove i giovani non siano costretti a emigrare».

UNA TESI QUESTA CONDIVISA da Liz Morales Quesada, studentessa universitaria pure lei (Sociologia), giovane comunista. «Dobbiamo dialogare e trovare la nostra via, possibilmente quel socialismo prospero e sostenibile che è l’obiettivo delle riforme iniziate dal presidente Raúl. Un compito immane , ci rendiamo conto. Ma anche ci rendiamo conto che i modelli quelli che vengono da fuori luccicano ma sono tuttaltro che d’oro. Guardate alla sbandierata democrazia e libertà di pensiero degli Stati uniti. È di ieri la notizia che il gruppo musicale cubano Buena Fe ha visto il suo tour negli Usa cancellato dalla società americana produttrice. E questo perché il cantante Israel Rojas, comunista convinto, nella pagina Facebook del gruppo ha pubblicato un elogio entusiastico di Fidel. E pensare che noi studenti anni fa ci siamo battuti perché i Buena Fe non fossero emarginati dalla burocrazia del partito per i testi delle loro canzoni, contro l’ipocrisia, la doppia morale, l’inefficienza della burocrazia. Oggi è uno dei gruppi più amati dai giovani. E censurato per le proprie idee negli Usa, che si definiscono la patria della libertà di pensiero ed espressione».