Mentre Norma Rangeri scriveva l’articolo per proporre una grande manifestazione antirazzista e antifascista a Roma, mi scriveva dalla Toscana una giovane compagna, volontaria di Emergency: facciamo qualcosa di concreto – diceva – facciamo uscire la gente dai social, prima che sia troppo tardi. Il manifesto ha fatto quello che era indispensabile, un colpo di reni, una spinta a tutti coloro che sono indignati, magari impauriti, o, peggio, rassegnati. Nessuna paura, ancor meno dopo Piazza San Babila: siamo tante e tanti e non vogliamo tornare indietro rispetto ai fondamenti della civiltà.

Vogliamo restare umani, ma non inermi di fronte al razzismo e al fascismo che tirano fuori, di nuovo, gli artigli. Non siamo followers, siamo persone, lavoratori, studenti, migranti, precari, disoccupati, pensionati, donne e uomini, giovani e adulti, omosessuali ed eterosessuali, pensieri e corpi. E sappiamo ancora essere, forza civile e politica.

Per questo serve una manifestazione grande (visibile ha scritto, a ragione, Luciana Castellina; e tangibile mi viene da dire), e serve a Roma e grande.
Voglio dire la mia su due punti. Il primo: liquidare l’offensiva di Salvini sui migranti come una furbizia elettorale permanente, o come un’arma di distrazione rispetto all’impotenza sulle politiche economiche, è sbagliato e riduttivo. Non che sia poco, ma il pericolo vero è che, con questo arretramento delle coscienze, con questo testare i livelli di «disumanità tollerata» (come ci spiegava, settimane fa, Éric Fassin su questo giornale), Salvini, Orbán, Seehofer e compagnia cantante, si accreditano proprio presso quelle élites che dicono di voler combattere; proponendo loro un’altra Europa, antidemocratica e «controllabile»; l’attacco a Macron significa: «questa roba la facciamo meglio noi». In Europa lo dovremmo ricordare, o davvero, la memoria storica è scritta sull’acqua? No, proprio non può esistere una «versione di sinistra» del «prima gli italian»: o «prima gli esseri umani» o «prima il capitale».

Secondo: mi auguro che sia una manifestazione unitaria e senza steccati, sì, ma nella chiarezza. Non, per capirci, la manifestazione del Pd del 29 settembre; non sfilerò con Minniti o con chi fa manifestazioni ad uso congressuale. Venga in piazza con noi, invece, chi non è per i respingimenti, chi non vuole fermare i migranti in Libia nelle mani degli assassini e degli stupratori (e non rivendica di averlo fatto «di più e meglio»); venga in piazza chi considera indecente e illegale – qualunque cosa si pensi dell’Europa – usare la vita delle persone come arma di ricatto; venga in piazza chi si batte per corridoi umanitari sicuri, chi vuole un’Europa aperta al Mediterraneo e al mondo, chi rivendica il diritto delle persone – ben prima delle merci – di muoversi liberi e sicuri, di provare a migliorare la propria esistenza.

Come si vede, per quanto mi riguarda: nessuno steccato, ma nessuna ambiguità, proprio perché la posta in gioco è troppo importante. Voglio dire ancora una cosa ai tanti elettori del Movimento 5 Stelle che – lo so per esperienza diretta – vivono con disagio questa subalternità: cosa deve ancora accadere, perché la vostra coscienza abbia un sussulto, perché il disagio diventi protesta? Questo è il momento, dopo sarà davvero troppo tardi.

Credo che le forze politiche della sinistra, il movimento sindacale, le associazioni, i tanti comitati locali e nazionali, debbano raccogliere, rilanciare, organizzare l’appello lanciato da il manifesto, a cominciare dall’organizzare nei territori tante iniziative di preparazione di questo appuntamento. E cerchiamo di avere almeno un po’ del coraggio e della forza di chi attraversa il Sahara e il Mediterraneo.