E se vista la cronaca, avevamo bisogno di qualche dato a suffragio, ecco fatto: l’Italia è il paese più corrotto in Europa. È quanto emerge dal ventesimo rapporto di Transparency International sull’indice di corruzione percepita in 174 paesi del mondo. L’Italia si classifica al 69° posto come nel 2013. Sullo stesso gradino troviamo la Romania, la Grecia e la Bulgaria. I paesi meno corrotti sono Danimarca, Nuova Zelanda e Finlandia. All’ultimo posto tra quelli meno virtuosi, la Somalia e Corea del Nord precedute da Sudan e Afghanistan.

«L’Indice di percezione della corruzione (CPI) 2014 evidenzia come il nostro paese non sia ancora riuscito a intraprendere la strada giusta per il suo riscatto etico – spiega Virgilio Carnevali, presidente di Transparency International Italia – Non possiamo restare fermi a guardare ancora per molto, mentre invece altri paesi fanno progressi».

In occasione della pubblicazione dello studio, ieri è stato presentato anche un nuovo servizio: si chiama «Allerta Anticorruzione» (Alac), ed è indirizzato a «tutti coloro che vogliono segnalare un caso di corruzione ma sono spaventati o sfiduciati dalle istituzioni». L’Alac è stato presentato da Transparency insieme a Raffaele Cantone, presidente dell’Autorità Nazionale Anticorruzione, Ferruccio Dardanello, presidente di Unioncamere, e Marcella Panucci, direttore generale di Confindustria. Secondo i dati del Barometro Globale della Corruzione 2013, solo il 56% degli italiani è disposto a segnalare un episodio di corruzione, rispetto alla media globale del 69%. I motivi che spingono a rimanere in silenzio sono soprattutto la paura, la sfiducia e la triste convinzione che nulla può cambiare.

«La corruzione è alimentata dall’eccessiva e inutile burocrazia», spiega il presidente di Unioncamere Ferruccio Dardanello, secondo il quale «occorrono azioni volte a semplificare il rapporto tra Pubblica Amministrazione e impresa». Inoltre, «è indispensabile aumentare i grado di consapevolezza del fenomeno e fornire agli imprenditori degli strumenti semplici per prevenirlo».

Secondo Marcella Pannucci, dg di Confindustria, «resta ancora tanto da fare per rafforzare le politiche di contrasto alla corruzione». Per questo, «Confindustria ha posto il tema tra le sue priorità e sta portando avanti un’intensa attività di analisi e di proposta per contribuire a un’azione anticorruzione corale. Il tutto nella consapevolezza che anche il sistema delle imprese deve fare la sua parte e assumersi la responsabilità».

Secondo Carlo Nordio, procuratore aggiunto di Venezia, «serve una revisione della legge Severino per quanto concerne il reato di corruzione». «Lo strumento della repressione penale serve a poco per combattere la corruzione – ha aggiunto – Serve punire la concussione: per avere uno strumento tecnicamente efficace non conviene fare di chi paga le mazzette un indagato ma piuttosto un testimone. In questo modo il soggetto sarebbe costretto a dire la verità. Per Nordio quindi «serve esattamente il contrario di ciò che ha fatto la legge Severino».

E di necessità di cambiare le leggi parla anche la Cgil: secondo la segretaria confederale Gianna Fracassi, la corruzione «affligge in maniera endemica il nostro sistema economico, sottrae risorse allo Stato contribuendo ad aumentare la povertà e peggiorando la qualità dei servizi».

«Solo partendo dalla legalità economica e dal lavoro il Paese può riprendere la strada dello sviluppo. Per questo la Cgil – ricorda la dirigente sindacale – è impegnata nella campagna nazionale “Legalità, una svolta per tutte”, che sta attraversando la penisola per chiedere alle istituzioni, governo in primis, atti concreti». «E’ tempo di mettere da parte spot e tentennamenti – conclude Fracassi – Rinnoviamo le richieste della Cgil all’esecutivo: introdurre il reato di autoriciclaggio, ripenalizzare il falso in bilancio, modificare la legge sugli appalti e i termini di prescrizione nel processo penale».