Il risultato delle urne, vincente per tutti i leader studenteschi che si sono presentati alle elezioni, lo dimostra: la gran parte delle richieste avanzate dai diversi movimenti e organizzazioni è penetrata in profondità nella nostra società, dando senso a un gran numero di cileni i quali vedono giorno per giorno come gli enormi artigli del neoliberismo impongano un sistema che attribuisce garanzie e opportunità sulla base del potere d’acquisto delle persone.
A vent’anni dalla fine della dittatura, il Cile è gravato da pesanti zavorre. A livello politico, c’è tuttora una Costituzione le cui pagine sono state scritte con il sangue di migliaia di cileni vittime delle violenze, una Costituzione che fu approvata con l’inganno più grande della nostra storia. E abbiamo un sistema elettorale binominale, lo strumento perfetto per permettere a una minoranza di calpestare costantemente i sogni della maggioranza. Nel campo economico, siamo stati quasi completamente spogliati delle nostre risorse naturali. Hanno venduto il suolo, l’acqua, i minerali. I lavoratori sono costretti a versare quote ai Fondi pensione e se sono fortunati, avranno una pensione pari alla metà di quanto guadagnavano. Siamo stati completamente derubati della cosa pubblica. Lo Stato si è ridotto ad avere un ruolo di semplice osservatore, e il compito di gestire tutti gli aspetti della nostra vita è stato affidato alle mani del mercato. Il mercato della salute, dell’educazione, delle abitazioni.
A partire da questa situazione, si affrontano due visioni diverse del paese. È una dicotomia che si verifica quando si confrontano idee diametralmente opposte. Essa ha aperto le porte alla creazione di un nuovo ciclo politico. Oggi in Cile si sono create le condizioni per iniziare un processo di cambiamento strutturale che permetta di rispondere alle richieste dei cittadini nei diversi campi, ma soprattutto alla domanda di maggiore e migliore democrazia. Ci si chiede quale ruolo avrà il movimento studentesco in questo processo. Come in tutti i contesti, anche nel movimento esistono diversi punti di vista, tutti ugualmente legittimi e consoni agli obiettivi che da anni ci spingono a protestare nelle strade. Così, facendoci carico di questa diversità, in molti crediamo che il movimento studentesco debba avere un ruolo fondamentale e da protagonista nel contesto politico nazionale. Dobbiamo andare oltre l’impatto mediatico provocato dalle occupazioni e dalle grandi manifestazioni, per fare un salto qualitativo affinché le nostre idee possano essere adottate per risolvere la crisi che il sistema educativo cileno vive. Dopo queste elezioni, il nuovo governo dovrà rispondere alle idee che abbiamo portato avanti in tutti questi anni e che rappresentano il sentire della grande maggioranza del nostro popolo. I movimenti sociali giocano un ruolo fondamentale. Le autorità politiche che governano, dovranno farlo in funzione delle necessità della gente e non di piccoli gruppi privilegiati. Ora, in parlamento vi sono dirigenti sociali che conoscono la realtà del nostro paese. L’idea che se si occupa un ruolo politico non si fa più parte della società civile avvantaggia una élite politica abbiente che continuerà a ostentare i propri incarichi e in tante occasioni assumerà posizioni opposte a quanto richiesto dalla popolazione. Come costruttori del futuro, abbiamo il dovere di dare il nostro contributo sia nella società civile che nel mondo della politica. La democrazia non significa solo votare ogni quattro anni, si costruisce e si fa giorno per giorno, a partire dagli spazi di discussione e mobilitazione, creando articolazioni fra il sindacato e organizzazioni che possano costituirsi come forza sociale in grado di avviare cambiamenti nella società con ripercussioni nel campo politico. In questo modo riconcilieremo il «sociale» e il «politico», dopo che per tutti questi anni ce li hanno presentati come reciprocamente escludentisi, mentre devono andare di pari passo.
La capacità di compiere un salto qualitativo sarà un punto cruciale per i movimenti sociali. Essi possono contare su un grande appoggio popolare: il loro principale capitale politico e di credibilità. Occorre una prospettiva di lungo periodo per il paese, e ai movimenti sociali è richiesta un’attenzione strategica se vogliono dare buoni frutti. Bisogna infatti proteggere la democrazia, e per questo è necessaria la rifondazione delle istituzioni del sistema politico cileno, che sono attualmente il principale ostacolo alla nostra democrazia.
Il fatto di essere una generazione nata senza paure fa sì che abbiamo sufficienti strumenti per poter contrastare il mantenimento dello statu quo. E la mancanza di paura non deriva dal fatto di essere figli della democrazia, caratteristica che ci attribuiscono e che, a mio parere, è sbagliata. Non siamo figli della democrazia, siamo nipoti della dittatura. Siamo nati senza la possibilità di avere l’educazione gratuita. Questo fa parte dei nostri sogni. I nostri genitori sono stati vittime delle pallottole che i militari sparavano contro loro compatrioti. Tutti siamo vittime del perverso obiettivo politico che quelle pallottole esprimevano. Un giorno potremo parlare di figli della democrazia, per ora no.
Quel che manca oggi non sono i numeri, le cifre, i dati, le statistiche. Mancano l’impegno, la coerenza, il cameratismo, la lealtà rispetto agli altri e rispetto ai principi, valori sui quali la nostra generazione ha dimostrato di voler costruire. C’è bisogno di tutto questo, per raggiungere l’obiettivo di un paese e di una società più giusta. Il desiderio di trasformazione deve accompagnarsi alla volontà di accettare la diversità e costruire più democrazia, e di migliore qualità.
Non dobbiamo mai dimenticare che ci troviamo in un momento complesso e di portata storica; non rendersene conto o far finta di non considerarlo, significa riprodurre la grande amnesia collettiva che invece siamo chiamati a cancellare.
*Portavoce della Coordinadora nacional estudiantes secundarios (Cones),
articolo tratto dall’edizione cilena del Diplo
Traduzione di Marinella Correggia