Max Casacci ha cinquant’anni, è chitarrista e autore di quasi tutti i testi dei Subsonica, che ha fondato nel 1996 con Boosta e Samuel. È parte della direzione artistica del Traffic Festival, fa il produttore (ultimo l’album Fibrillate di Eugenio Finardi) ed è impegnato nella campagna “Torino e i Murazzi sono la mia città”.

Com’è cambiata Torino dagli anni ’80 a oggi?

La mia generazione è cresciuta in una città chiusa, in cui i percorsi di crescita personale erano caratterizzati dall’autodeterminazione. La svolta è avvenuta a inizio anni ’90, e l’esplosione della scena musicale ne è stato l’aspetto più visibile. Parlo della generazione Mau Mau, Africa Unite, Fratelli di Soledad e via dicendo, i Subsonica sarebbero arrivati dopo.

Cosa è cambiato?

Siamo diventati una città felicemente meridionale, nel senso che nell’epoca strettamente industriale i tempi li dettava la fabbrica gli immigrati dal Sud si dovevano adeguare. Poi è avvenuta la vera mescolanza: adesso a Torino si vive con i ritmi di Palermo e di Barcellona, a Milano con quelli di Londra.

Queste riflessioni valgono anche per le periferie?

Solo in parte. È vero che la città ha avuto accesso ai fondi europei per la riqualificazione, ma la strada è ancora lunga. Ci sono segnali importanti: i bus notturni che il venerdì e il sabato sera permettono ai ragazzi di confluire in centro e tornare a casa senza rischi, innanzitutto. Un altro dato significativo è che tre dei quattro o cinque live club di punta sono in periferia: Hiroshima Mon Amour al Lingotto, El Barrio alla Falchera e Spazio 211 in Barriera di Milano. In generale però la riqualificazione ha riguardato solo il centro, benché se la siano pagata di tasca loro anche le famiglie dei quartieri popolari.

C’è un problema di governo quindi?

L’amministrazione ha fatto buone cose, ma attualmente lo stallo è evidente anche per ragioni anagrafiche. Sta mancando una visione complessiva, una regia. Un esempio: si sono recuperati 10 milioni di metri cubi di fabbricati ex industriali, ma di una buona metà non si sa bene che fare.

Grandi eventi come le Olimpiadi, il Torino Film Festival, il Salone del Libro o Artissima fanno parte del tessuto culturale o sono corpi estranei?

Il rischio è che passino e se ne vadano se non sono circondati dalla continuità dell’attenzione verso la cultura diffusa prodotta in loco. In questo senso l’esperienza dei Murazzi è stata determinante e il fatto che oggi, con poche eccezioni, siano chiusi, è grave.

Proprio per il rilancio dei Murazzi si è tenuto il 23 marzo in piazza Vittorio Veneto, sopra il lungofiume, un megaconcerto con oltre diecimila persone. Chi eravate e cosa chiedete?

“Torino e i Murazzi sono la mia città” è una mobilitazione trasversale. Non so in quante altre realtà urbane italiane si sarebbero potuti sedere a un tavolo due centri sociali, Askatasuna e Csa Murazzi, l’Arci e un oratorio di strada. Però è successo, ed è una dimostrazione di quanto il problema dell’agibilità culturale e sociale dei Muri sia condiviso da realtà anche molto differenti tra loro. Fatte le debite proporzioni, i Murazzi anni ’90 sono stati per Torino quello che la Bowery Street è stata a New York nei ’70. Rappresentano la capacità di una fetta di territorio di creare regole proprie, una mitologia, una cosmogonia, clash culturali da cui nascono nuove cose. I Subsonica sono soltanto una delle espressioni di quel magma, che coinvolge musicisti, pittori, cineasti. Senza Murazzi non sarebbe nata la band. Lì, in pieno monoteismo catodico, si riversava chi rifiutava di passare le serate col naso incollato a Mediaset.

Vale solo per gli anni ’90?

No, benché si sia diffuso il rito del chupito senza contenuti, alcuni locali sono stati determinanti anche negli anni Zero. Al Puddhu Bar con la serata China Surprise è maturata l’esperienza della Gang Of Ducks (www.gangofducks.com), un’etichetta di punta dell’elettronica europea che ora ha sede a Berlino. Sempre lì è maturato il talento di Cosmo e dei suoi Drink To Me, senza i Murazzi rischiavano di restare nei codici indie rock di genere, invece hanno assorbito il Battisti di Anima latina e il primo Battiato. Con Foxhound, Movie Star Junkies e Stearica sono il suono torinese di oggi.

E oggi cosa chiedete?

La chiusura è arrivata per questioni amministrative anche comprensibili, ma non si deve trasformare in bonifica censoria, né si può ragionare dei Murazzi esclusivamente in termini di entrate per il Comune tramite l’affitto delle arcate ai privati. Per le assegnazioni occorrono criteri di riqualificazione culturale, artistica e sociale, anche diurna.