Il decreto legge Minniti -Orlando costituisce la presa di atto di un fallimento della Pubblica Amministrazione. Lo Stato non può o non vuole più permettersi di offrire accoglienza ai richiedenti asilo per i tempi lunghi necessari per l’esame delle domande. E’ però giuridicamente – oltre che socialmente – inaccettabile che la questione possa risolversi con la compressione dei diritti fondamentali e del fondamentale principio del contraddittorio. Ma l’aspetto più grave è che ciò suona , per modalità e sperequazione, come una vera e propria condanna a morte per le categorie di persone richiedenti più a rischio. i «soggetti deboli». La Direttiva Procedure e la Direttiva Qualifiche prescrivono che l’ascolto dell’ interessato debba essere condotto nell’ ambito dei principi della cooperazione istruttoria e dell’onere della prova attenuato. Di cosa si tratta? il primo – da sempre richiamato anche dalla Suprema Corte – prevede che sia giudice sia, ancor prima, l’intervistatore in sede di commissione, cooperino attivamente con il richiedente ricercando insieme allo stesso le reali motivazioni della domanda anche quando tenute riservate per timori.
Timori comprensibili per una persona che non conosca l’ordinamento del paese nel quale sta soggiornando, come i pericoli ai quali potrebbero essere esposti propri cari nel paese di origine a causa delle sue stesse prese di posizione e rivelazioni, lo stigma dei connazionali che nell’ambito delle stesse comunità di accoglienza potrebbe colpirli. Funzionalmente collegato al principio della cooperazione istruttoria è quello dell’«onere della prova attenuato» in virtù del quale si tiene conto della coerenza della narrazione del richiedente raffrontandolo, sulla base di qualificate fonti di notizie come Unhcr, Amnesty International, Easo, con le condizioni di origine dello stesso. Posto che i due principi sono tra loro intimamente e funzionalmente legati il Dl Minniti- Orlando li distrugge. La stessa videoregistrazione dell’ intervista in Commissione territoriale – che dovrebbe essere prima di tutto un eventuale e volontario strumento di garanzia per il richiedente asilo non può sostituire l’esame diretto e l’udienza innanzi al giudice in caso di impugnazione del diniego del riconoscimento, come invece prevede il decreto .
Questo perché davanti alla Commissione la presenza dell’ avvocato è puramente eventuale e di mera presenza e non esiste alcuna garanzia per il richiedente che – tra l’altro – si deve fidare della traduzione di un interprete non di sua fiducia ( talora preconcettualmente avverso al richiedente per origine, convinzioni e condizione.- E proprio nelle situazioni di casi «sensibili» ( si pensi – a titolo esemplificativo – agli omosessuali perseguitati, ai casi di matrimonio forzato, alle mutilazioni genitali, alle vittime di violenza sessuale accusate di adulterio, ma anche ai casi di apostasia oppure di appartenenza etnico-politica) la videoregistrazione può inibire il soggetto nella rappresentazione della propria vicenda umana e dei motivi di fuga dal Paese di origine; una narrazione dalla quale dipenderà il suo futuro. Ebbene, avere la non infondata percezione che la videoregistrazione verrà ascoltata da più soggetti, sconosciuti, in tempi diversi, «parcheggiata» in archivi e cancellerie certamente non faciliterà questi soggetti ad esporre le reali ragioni della loro fuga dal Paese di origine. Buon senso e logica vorrebbero pertanto che questo strumento fosse puramente eventuale e utilizzato con il consenso della persona intervistata. Non di meno l’abolizione dell’appello e la non reclamabilità della decisione del giudice di primo grado danneggiano in primo luogo proprio i richiedenti più a rischio di vita.
Talora la situazione personale e psicologica del richiedente portava a provare «motivi sensibili» come quelli prima visti solo nel secondo grado di giudizio. Con il decreto Minniti- Orlando non sarà più così : il richiedenti si giocano tutto nell’intervista in Commissione, senza alcuna garanzia. Ogni altra forma di garanzia sarà puramente eventuale. Un vulnus senza precedenti nella storia dell’Italia democratica.
* avvocato