Le «attese di necessari e importanti interventi riformatori oggetto di confronto in parlamento» richiamate dal presidente della Repubblica fanno da sfondo al plenum straordinario del Consiglio superiore della magistratura che si è tenuto ieri mattina. Dedicato a un passaggio fondamentale – anche se tardivo e non ancora definitivo – nel percorso di partecipazione dell’Italia alla procura europea. Sotto la presidenza di Sergio Mattarella e alla presenza della ministra della giustizia, il Csm ha approvato la proposta di accordo che consentirà a Marta Cartabia di definire con la procuratrice europea – la rumena Laura Kövesi – il numero e la collocazione dei procuratori delegati italiani.

Saranno venti, dislocati in nove sedi, con uffici composti da due pm salvo che a Milano e a Roma dove saranno in tre. La competenza di questa procura europea, in stand by dal 2017, è ancora di difficile definizione, la formula recita «reati che ledono gli interessi finanziari dell’Unione». Tra questi sicuramente le frodi sui fondi europei per oltre 10mila euro e sull’Iva per oltre 10 milioni, il che rende la procura di attualità nel momento in cui stanno per essere erogati i fondi di Next generation Eu.

Come ha riconosciuto la ministra Cartabia, ci sono ancora «oggettive difficoltà organizzative» e sarà «necessaria una messa a punto». Il primo problema riguarderà il confine delle competenze: i pm delegati applicheranno la legge italiana nei tribunali italiani e dunque le sovrapposizioni saranno all’ordine del giorno. Il meccanismo prevede che le segnalazioni delle frodi arrivino alla procura europea (che ha sede a Lussemburgo) la quale nel suo board composto da un rappresentante per ogni paese decide se procedere, delegando ai magistrati residenti nelle diverse nazioni. La procuratrice e i procuratori del board sono stati scelti dal Consiglio e dal parlamento Ue (l’italiano, che è anche vice procuratore capo, all’interno di una rosa indicata dal nostro Csm), il che pone un problema per il nostro ordinamento dove i magistrati sono autonomi dalla politica.

«Ci sarà bisogno di un tempo di assestamento e di necessario coordinamento tra i diversi assetti costituzionali», ha detto la ministra. E anche il capo dello stato ha riconosciuto che il percorso della procura europea è stato «piuttosto complesso». Soprattutto per l’Italia, che arriva in ritardo rispetto a dieci paesi europei che hanno già indicato i loro procuratori delegati e altrettanti paesi dove le procedure di reclutamento sono iniziate (cinque paesi, Ungheria, Irlanda, Polonia, Svezia e Danimarca hanno deciso di non partecipare). La ragione, al fondo, è che l’assetto costituzionale della nostra magistratura è particolarmente avanzato in Europa, dal punto di vista dell’autonomia e dell’indipendenza dal potere politico e dell’obbligatorietà dell’azione penale. Questo incontro con gli altri sistemi costringe ad alcuni compromessi. Necessari, però, anche a giudizio del procuratore generale della Cassazione Salvi – il cui ufficio dovrà dirimere i conflitti di competenze – per combattere una criminalità «transfrontaliera» senza che le autorità finiscano «imbrigliate nei confini nazionali».

I problemi saranno soprattutto pratici, visto che questi procuratori delegati avranno competenze amplissime (l’ufficio di Roma su Lazio, Sardegna, Umbria e Abruzzo) e dovranno non solo indagare ma anche sostenere l’accusa in giudizio. E non è ancora chiaro se i procuratori delegati toglieranno magistrati e risorse agli uffici ordinari (preoccupazione espressa dal presidente della terza commissione del Csm Giovanni Zaccaro) già in sofferenza. Infine ci sarà un problema di adeguamento al codice e alle strutture antimafia italiane, cosa che fa temere al consigliere del Csm Di Matteo un «depotenziamento e uno stallo» nella lotta alla criminalità organizzata. Alla fine il parere del Consiglio, approvato con tre astensioni (Di Matteo e i due consiglieri laici in quota Lega), sfuma le osservazioni critiche che erano contenute in un precedente parere del 30 dicembre scorso al decreto legislativo con il quale il precedente governo aveva avviato la partecipazioni italiana alla procura europea.

Ora il Csm aprirà le procedure di reclutamento di questi 20 magistrati con la «doppia casacca», italiana ed europea. E Cartabia ha annunciato che tornerà per un confronto con i consiglieri sulle riforme del codice di procedura e dello stesso Csm – un parere abbastanza critico è in fase di approvazione. Intanto però ha dovuto occuparsi degli emendamenti sulla giustizia che Azione +Europa e Italia viva hanno presentato alla legge di delegazione europea e che puntano al rafforzamento della presunzione di innocenza. Si tratta, a proposito di Europa, dell’applicazione di una direttiva che la stessa ministra ha ricordato al parlamento. Ma sul punto la maggioranza è divisa e Cartabia, collegata con i capigruppo in commissione, ha dovuto concordare un rinvio del voto previsto per oggi.