Un colpo di fucile da caccia in pieno petto. È morto suicida nella sua azienda. Ma la morte di Egidio Maschio, 73 anni, diventa il simbolo della crisi (industriale e non) del «mitico Nord Est».

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È arrivato, come sempre, di prima mattina a Cadoneghe nella sede del gruppo Maschio Gaspardo, fondato nel 1964 insieme al fratello Giorgio. La sera prima aveva cenato in famiglia: tutto sembrava come sempre. Invece, sceso dalla Mercedes e seduto dietro la scrivania, ieri mattina ha scelto di farla finita nel modo più eclatante e insieme meno personale.

Maschio incarnava letteralmente l’azienda di macchinari agricoli che ha conquistato mezzo mondo, partendo da un angolo di Veneto. Sono 2 mila i dipendenti, per altro pronti a rinunciare agli aumenti salariali di fronte ai problemi dell’azienda. Ammonta a 324 milioni di euro il fatturato 2014 frutto dell’80% di commesse estere: era di 118 milioni nel 2009. Secondo il Corriere Veneto, le banche avrebbero però chiesto il rientro dei prestiti concessi.

Alle 7.30 il cadavere di Maschio è stato scoperto da un dipendente. Insieme ai carabinieri, è subito arrivato Mario Carraro (altro uomo-simbolo della «locomotiva») che come tutti non si capacita: «Sono gesti che vanno al di là della nostra comprensione». Dramma nel dramma per i figli Mirco e Andrea, entrambi impegnati nel gruppo industriale di famiglia. Maschio Gaspardo è infatti controllato all’86% dalla famiglia con il resto del capitale sociale detenuto da Friulia Finanziaria FVG.

Da mesi Egidio Maschio, da presidente del gruppo, lavorava alla transizione gestionale. Da un lato, investimenti per sostenere l’espansione internazionale. dall’altro, la recente nomina di Massimo Bordi (ex direttore generale di Ducati e vicepresidente di MV Augusta) come nuovo amministratore delegato e di Paolo Bettin nel delicato ruolo di Chief financial officer (Cfo) .

È l’inevitabile approdo di tutte le vere imprese venete, anche se nate dall’intuizione di uomini che si sono fatti da soli negli anni del dopoguerra. Un destino che non sempre combacia con le «radici», gli eredi o il sistema.

Maschio, comunque, esce di scena nel modo più dirompente. Anche se si tratta dell’ultimo suicidio a Nord Est, terra che ha registrato analoghe morti fra i disoccupati della Grande Crisi come fra i piccoli artigiani, i titolari di imprese local e le società dipendenti dagli appalti.

Maschio ci ha provato fino alla fine. Nell’ultima intervista, scandiva: «Mai mollare, bisogna sempre attaccare. Perché il mondo non si ferma. E bisogna stare vicini a chi lavora per non sentire la crisi. Mettere la testa fuori e non chiudersi nel guscio». Anche da presidente del grande gruppo internazionale, tradiva l’entusiasmo della tuta blu: operaio meccanico specializzato proprio alla Carraro, prima di mettersi in proprio e chiedere consiglio all’amico Mario che era stato il suo padrone.

Maschio è l’orgoglio veneto che ospita Silvio Berlusconi, che per ore segue e ascolta «l’amico Egidio» e alla fine della visita in fabbrica lo indica ai dipendenti: «Un imprenditore vero».

Maschio frequentava da sempre Ennio Doris, il banchiere di Tombolo abituato ad atterrare in elicottero nel piazzale aziendale.

Maschio si vantava di non aver mai fatto ricorso alla cassa integrazione. E a fine anno aveva siglato l’accordo integrativo, contando sulla fiducia dei suoi operai pronti a fare la loro parte.

Ma il suo suicidio pesa davvero come un macigno: sconvolge il governatore leghista Luca Zaia che lo definisce «emblema di coraggio e di determinazione».

Massimo Finco, presidnete di Confindustria Padova, dichara: «C’è dolore, solo dolore e davvero poca voglia di parlare davanti a questa tragedia improvvisa che si porta via un amico, un grande imprenditore, soprattutto un uomo di razza, sempre “sul pezzo”, che amava il suo lavoro, energico perfino dirompente».

E secondo il dossier di Link Lab, nel 2013 sono state 149 le persone che si sono tolte la vita per la crisi: un suicidio ogni due giorni e mezzo. Nel 2012 erano 89. A Nord Est si contabilizza il 25,3% del totale.