Quasi dieci minuti agli esponenti del Sì e quasi sei minuti a quelli del No. I nuovi dati del garante delle comunicazioni, diffusi ieri, confermano che è Il Tg1 di Mario Orfeo il telegiornale più schierato con il presidente del Consiglio in vista del referendum costituzionale. Oltreché il più visto dagli italiani. Orfeo è l’unico direttore sicuro di mantenere l’incarico al termine del prossimo, imminente, giro di nomine.
La campagna elettorale non è ancora ufficialmente iniziata, anzi non c’è neanche la data del referendum costituzionale. Ed è possibile che se Matteo Renzi riuscirà a spostare la consultazione a fine novembre – facilissimo: è il governo che fissa la data, d’intesa con il Quirinale – ci aspettano ancora tre mesi di «non campagna» e dunque di «non par condicio». L’attuale Far West.

I nuovi dati dell’Agcom sul «tempo di parola» (il tempo in cui i sostenitori del Sì e del No presentano in video le rispettive posizioni) si riferiscono al periodo 16 giugno -15 luglio. Il periodo precedente – dal 15 aprile al 15 giugno – aveva già segnato l’overdose del Sì, fino a che il 22 giugno il caso era stato sollevato in commissione Vigilanza con le polemiche al seguito. La situazione non è cambiata, probabilmente è peggiorata. Sabato scorso i due presidenti del comitato nel No Pace e Zagrebelsky avevano scritto al presidente della Repubblica per chiedere un intervento a garanzia di un minimo di equilibrio nell’informazione tv sul referendum. «E il Tg3 è stato l’unico telegiornale a dare la notizia di quell’appello a Mattarella – fa notare adesso Vincenzo Vita -, guarda caso Bianca Berlinguer è una dei direttori che si vogliono sostituire». Insieme a lei, prossimo alla sostituzione è anche il direttore del Tg2 Marcello Masi. Secondo i dati dell’Agcom, Tg3 e Tg2 nel periodo metà giugno – metà luglio hanno fatto attenzione a correggere lo squilibrio in favore del Sì, che aveva caratterizzato anche le loro trasmissioni nei due mesi precedenti (seppure in misura molto minore rispetto al Tg1). Le ultime rilevazioni segnano la perfetta parità nei tempi: 49,7% per il Sì e 49,3% per il No nel Tg2 e 39,8% tanto per il Sì quanto per il No nel Tg3 (il resto del tempo è per le posizioni neutrali). La percentuale del Tg1 è invece nettamente a favore del Sì: 60,9% contro il 36,9% del No. Molto squilibrata è anche la situazione dei telegiornali di RaiNews che hanno riservato il 51,7% del tempo di parola sul referendum alle posizioni del Sì e solo il 33,5% a quelle del No. Questo non sembra essere stato sufficiente a garantire la promozione di Antonio Di Bella, ora alla guida di RaiNews. Probabilmente non tornerà alla guida del Tg3 ma in ogni caso, come Orfeo, conserverà la sua direzione.

Per la prima volta da quando è cominciata la raccolta dei dati sul referendum nei telegiornali, invece, le reti Mediaset fanno segnare un recupero dei tempi del No: adesso le due posizioni sono quasi in equilibrio perfetto: 46,7% per il Sì e 44% per il No, che pure è la posizione ufficialmente mantenuta del proprietario Silvio Berlusconi. Squilibrio invece nei telegiornali di La7 del direttore Enrico Mentana, che però si segnalano soprattutto per il poco tempo di parola assegnato ai referendum. Nel mese che va dal 16 giugno al 15 luglio, la società Geca che effettua il monitoraggio per conto dell’Agcom ha registrato solo 2 minuti e qualche secondo per il Sì e 38 secondi per il No. In ogni caso il 64,9% contro il 18,5%. Mentre le posizioni renziane continuano a dilagare sui telegiornali di Sky, che nel complesso dei suoi Tg ha riservato oltre un’ora alle ragioni del Sì (il 78,4%) e solo quindici minuti (il 19,6%) a quelle del No.
L’Agcom non ha fatto la somma dei tempi di tutti i telegiornali della Rai e delle tv private, ma è un calcolo semplice che offre un buon dato di sintesi. Nell’ultimo mese i sostenitori del Sì sono andati in video e in audio durante tutti i Tg per oltre tre ore (il 56% del tempo totale), contro un’ora e 51 minuti dei sostenitori del No (il 34%).
Mentre il Movimento 5 Stelle commentava questi dati definendo il Tg1 di Orfeo «il megafono di Renzi», il presidente della commissione parlamentare di Vigilanza Roberto Fico, anche lui grillino, ha sottolineato che «ci sono testate che non rispettano le norme e gli indirizzi sul pluralismo, di fronte a tutto questo l’Agcom non può rimanere inerte».