La crisi fiscale dello Stato ha sbaragliato la tenuta del sistema sanitario nazionale a favore dei privati, imponendo ai cittadini un ricatto estremo: pagare per essere curati. Il rapporto 2012 dell’Osservatorio civico sul federalismo in sanità presentato ieri a Roma dall’associazione Cittadinanzattiva è un nuovo tassello che si aggiunge un nuovo capitolo al romanzo italiano sulla sperequazione tra i diritti dei cittadini nati a Sud o a Nord di un paese diviso per censo.

Il federalismo ha fallito e la salute non è uguale per tutti in Italia. A questo scenario dolorosamente presente a tutti coloro che sono costretti a migrare dalla Calabria al Trentino, o dalla Campania alla Lombardia, per ricevere una cura contro il cancro o per partorire, negli ultimi mesi si è aggiunta una verità altrettanto scomoda. Per la prima volta la legge di stabilità approvata dal governo Monti ha tagliato il fondo Sanitario 2013 di un miliardo di euro rispetto al finanziamento dell’anno precedente. E questa situazione costringerà tutte le regioni a comportarsi ancora di più da «carnefici dei diritti», così le ha definite ieri Antonio Gaudioso, segretario generale di Cittadinanzattiva. Salvo rimpensamenti dell’ultim’ora nel Documento di economia e finanza che il governo Letta ha riportato all’attenzione del parlamento, questo taglio inciderà su una spesa sanitaria che è tra le più basse d’Europa. Contrariamente ad un vasto, e consolidato, senso comune l’Italia nel 2009 spendeva il 7,5% del Pil rispetto all’8,4% della Francia e all’8,5% della Gran Bretagna. Ad oggi non sono disponibili altri dati, ma è probabile che il taglio alla spesa primaria insieme alla spending review approntata dal governo Monti, abbiamo accresciuto il solco tra il nostro paese e il resto del continente.

Questa situazione è stata più volte denunciata dalla Conferenza delle Regioni negli ultimi mesi. Cittadinanzattiva chiede di arrestare la strategia dei tagli lineari imposti dall’austerità anche nella sanità (21 miliardi di euro tra 2011 e 2015) e di passare alla «programmazione» per arrivare all’approvazione del Piano nazionale sanitario e del nuovo «patto per la salute». Oltre alla tenuta costituzionale di un paese è in gioco quella sociale. Basta guardare ad alcuni dei dati presenti nel rapporto. Quello, ad esempio, sulla «migrazione sanitaria» sulle cure sanitarie. Il 74% dei cittadini meridionali sostiene di aver avuto difficoltà di accesso al Ssn. Per questa ragione è in atto una vera e propria «fuga» dalla Calabria, dalla Basilicata, dall’Abruzzo, dalla provincia di trento o dalla Valle d’Aosta verso regioni che assicurano standard più dignitoso. Per la chemioterapia il Veneto è la regione da cui si fugge di più, mentre il Friuli dimostra un indice di attrazione molto forte. Un altro campo dove la sperequazione tra i diritti è molto accentuata è quello dei ticket. Dal 2007 al 2011, l’incidenza dei ticket sulla spesa farmaceutica è passata da 539 a 1337 milioni di euro, con un incremento del 34% solo tra il 2010 e il 2011. Parallelamente, la spesa farmaceutica territoriale a carico dell Ssn è calata del 4,6%. I tempi di attesa per la disponibilità dei protuari regionali varia dai 530 giorni del Molise ai 217 della Puglia.

Il pagamento del ticket è inoltre diverso da regione in regione. Se nella provincia di Trento si paga 7,48 euro in Sicilia il ticket è di 31,96 euro. Nel mezzo si trova la Toscana con 11,48 euro e la Lombardia con 24,10. Queste cifre rischiano di salire ancora se verrà confermata la previsione avanzata dal Def approvato da Monti. La spesa sanitaria, che nel 2012 si è assestata su 110,842 miliardi di euro, crescerà di più di 2 miliardi entro il 2014, assestandosi a 113,029 miliardi di euro. È uno degli effetti della sentenza numero 187 della Corte Costituzionale che ha dichiarato illegittima l’introduzione di nuovi ticket sanitari.
Nel rapporto di Cittadinanzattiva emerge anche il crescente clima di sfiducia, per non dire di contrapposizione, tra questi ultimi e le istituzioni. Nel gennaio scorso una ricerca Doxa e un’altra della Fimmg sui medici di famiglia registrano un dato significativo: il 53% degli intervistati si disse insoddisfatto per la gestione regionale della sanità, chiedendo che le competenze in materia sanitaria tornassero sotto la diretta responsabilità dello Stato. A questo dato Cittadinanzattiva ne aggiunge un altro, decisivo per dimostrare il grado di fiducia nella sanità pubblica. Secondo un’analisi europea sulla qualità di governo condotta dall’università svedese di Gotemborg, l’Italia si colloca al 25° posto (su 27) per la qualità dell’amministrazione, le regole dello stato di diritto e l’incidenza della corruzione. Sicilia, Campania, Calabria e Puglia si collocano al livello delle regioni interne dell’Europa orientale, mentre le regioni virtuose nel governo della sanità come Emilia Romagna o Lombardia restano lontane dalle regioni virtuose del Nord Europa. In queste condizioni la carenze di trasparenza amministrativa complica gravemente i rapporti tra medici e pazienti.

Migranti: Il medico di famiglia à garantito solo in 6 regioni

Nel rapporto 2012 dell’Osservatorio civico sul federalismo in sanità di Cittadinanzattiva vengono sottolineate le forti disparità nel trattamento e la cura delle malattie per i figli degli immigrati e per i clandestini. Solo 6 regioni su 21 (Toscana, l’Umbria, la provincia autonoma di Trento, l’Emilia Romagna, le Marche e la Puglia) assicurano un medico di famiglia o il pediatra di libera scelta ai figli di genitori stranieri non regolarmente iscritti al sistema sanitario nazionale. Per gli stranieri irregolari la situazione è altrettanto variegata. Poco più della metà delle regioni (tra le quali Campania, Piemonte, Sardegna o Veneto) garantiscono la continuità assistenziale, 8 l’hanno delegata alle Asl. La Basilicata offre ai migranti solo il pronto soccorso. Il rapporto si sofferma sui dati del parto indolore. Dei 158 punti nascita con meno di 500 parti all’anno censiti nel 2009, a luglio 2012 ne sono stati chiusi 20, di cui 9 nella sola Calabria. L’indagine Siaarti 2012 ha inoltre rivelato che su 580 punti nascita solo Valle d’Aosta e Friuli erogano il parto in analgesica nel 100% dei casi, mentre in Molise nessun centro eroga il servizio di epidurale da travaglio. La Sicilia lo esegue nel 6,2% dei punti nascita. Variegata è anche la situazione del servizio di analgesia. In Nord Italia le strutture con oltre 1000 parti la offrono gratuitamente, a Sud avviene nelle strutture più piccole. Veneto e Friuli sono le regioni più virtuose.

Anziani: L’assistenza territoriale è l’eterna incompiuta nel Welfare più diseguale in Europa

Dal rapporto 2012 di Cittadinanzattiva emerge anche la crisi dell’assistenza sanitaria territoriale definita come l’«eterna incompiuta» della sanità italiana. Nel 2011 la spesa complessiva per la medicina generale convenzionata è stata di 6 miliardi e 624 milioni di euro. La Lombardia è stata la regione che ha speso di più con 901 milioni, il Molise quella che ha speso di meno (51 milioni di euro). L’Emilia Romagna è la regione virtuosa nella percentuale degli anziani trattati in assistenza domiciliare integrata: l’11,6%. Peggiorano Piemonte, Marche e Puglia. Quest’ultima si colloca in fondo alla classifica degli over 65 trattati a domicilio: l’1,9%. Nel Welfare sanitario più diseguale d’Europa il Trentino Alto Adige è la regione che ospita il maggior numero di cittadini in presidi residenziali socio-assistenziali. Le regioni che invece registrano l’accoglienza più bassa sono il Lazio, la Puglia e la Campania, tre regioni che sono state sottoposte ai «piani di rientro». Infine, il rapporto si sofferma sulla prevenzione vaccinale. L’Italia è la nazione che destina meno risorse: 0,5% rispetto al 2,9%. La situazione è a macchia di leopardo: solo 6 regioni hanno un software unico, in 7 cambia di Asl in Asl. In Calabria non esiste un registro vaccinale informatizzato.