A 14 anni ha iniziato a dire di «no» al velo e, per punizione, i genitori l’hanno rasata a zero. E’ successo a Bologna a una ragazzina originaria del Bangladesh. Ora è stata allontanata dalla famiglia, e assieme alle sue sorelle è ospitata in una struttura protetta. I genitori invece sono stati denunciati dai carabinieri per maltrattamenti familiari. Una vicenda che sta scuotendo Bologna e che sicuramente farà discutere, e molto. Il sindaco Virginio Merola ha subito parlato di «inaccettabile autoritarismo genitoriale» molto simile, ha aggiunto, a quello diffuso in Italia negli anni 70. Ma alla Lega quelle parole non sono bastate, e immediatamente è partito il coro del «E’ questa l’integrazione che vuole la sinistra?».
Il caso, raccontato dal «Resto del Carlino», è stato sollevato dalle insegnanti della ragazzina, che frequenta pare con ottimi risultati uno scuola media della città. Quando la piccola si è presentata in classe con i capelli cortissimi le professoresse le hanno chiesto il perché di quel taglio, l’hanno convinta a raccontare, e a quel punto hanno deciso di informare il preside che a sua volta ha informato i carabinieri. La ragazzina ha spiegato di non voler accettare l’imposizione del velo: pur portandolo fra le mura di casa aveva cominciato, una volta uscita di casa per andare a scuola, a toglierselo. La madre, accortasi della cosa, avrebbe quindi deciso di usare le maniere forti e di rasarla a zero per punizione.

Nessuna violenza fisica, sarebbero però state molte le pressioni e le imposizioni. Non c’era solo il velo, sia per lei che per le due sorelle di poco più grandi. I genitori bengalesi avrebbero impedito alle figlie di uscire da sole o di intrattenere qualsiasi rapporto con i coetanei maschi. E così, quando la madre si è accorta che la 14 enne in casa teneva sì il velo, ma appena svoltato l’angolo lo toglieva, ha deciso di agire.

Dopo la denuncia i servizi sociali d’intesa con la procura per i minorenni sono intervenuti con l’atto urgente di messa in protezione, e così la ragazzina assieme alle sorelle è stata collocata al di fuori della famiglia di origine.

«La preside ha fatto bene a fare denuncia in procura – ha commentato Merola – Questo è un tema di maternità e paternità responsabile, ma se si vuole essere italiani bisogna adattarsi alle nostre leggi e alla nostra Costituzione, non è possibile avere atteggiamenti diversi. Mi sembra una questione familiare, c’è una responsabilità genitoriale. E’ un caso simbolico e concreto». «Dobbiamo spiegare a questi genitori che vengono in Italia – ha proseguito il primo cittadino – che devono educare i loro figli non solo in base alle loro convenzioni più o meno religiose, anche se questo caso mi sembra proprio di un tipo di autoritarismo che noi negli anni ’70 chiamavamo ‘autoritarismo familiare’».

A prendere le distanze dai genitori anche la comunità islamica di Bologna. Non c’è nulla di religioso nel gesto della madre, ha spiegato Yassine Lafram, coordinatore della comunità. «Per la tradizione islamica qualsiasi forma di imposizione rende l’atto stesso invalido. Qui siamo al di fuori del religioso: è un fatto che va inquadrato in un codice culturale particolare ed errato». Secondo Lafram è necessario però «aiutare i familiari, anche la madre stessa, e capire che cosa l’ha spinta a compiere questo gesto. E’ troppo facile condannare e consegnarla al macello mediatico». Come musulmano, ha concluso Lafram, «ho il dovere di educare i miei figli ad un buon comportamento, ho il dovere di orientarli, ma non ho il dovere di obbligarli. Quando raggiungono la pubertà possono decidere di non seguire più le tradizioni della famiglia».

A buttarla invece sullo scontro di civiltà la Lega, che ha iniziato a battere forte sulla questione del velo islamico e delle usanze religiose. Da quel che si sa i due genitori non sarebbero frequentatori di moschee. Sia la Procura per i minorenni sia quella ordinaria hanno aperto un fascicolo. Nei prossimi giorni le indagini andranno avanti per ricostruire nel dettaglio la vicenda.