Salvare il rinoceronte bianco dall’estinzione con le biotecnologie è possibile? Sembra di sì, secondo una ricerca pubblicata sulla rivista Nature Communications da un team internazionale di scienziati che unisce ricercatori pubblici e privati da Germania, Giappone, Repubblica Ceca e italia. Tra gli autori dello studio, infatti, ci sono anche i ricercatori di Avantea, un’azienda specializzata nella riproduzione assistita nell’ambito degli animali da allevamento fondata da Giovanna Lazzari e Cesare Galli.

IL RINOCERONTE BIANCO settentrionale è attualmente condannato all’estinzione. L’ultimo maschio è morto tre mesi fa nella riserva kenyana di Ol Pejeta, dove ora vivono le ultime due femmine, entrambe sterili. I ricercatori vorrebbero salvare la specie puntando tutto sulle biotecnologie.
La prima strada è quella della fecondazione in vitro: oociti delle femmine con lo sperma congelato risalente alla popolazione maschile ormai estinta. Per la prima volta, i ricercatori sono riusciti nell’operazione di fecondare gli oociti di rinoceronti bianchi meridionali, una specie molto vicina a quella quasi estinta usata come test. Tecnicamente, dunque, hanno generato un embrione ibrido. Nel giro di un anno, i ricercatori puntano a generare un embrione della specie da salvare, e impiantarlo in una femmina di rinoceronte meridionale da utilizzare come «madre surrogata». Il problema è che le femmine a disposizione sono solo due, lo sperma piuttosto vecchio e non è detto che l’operazione riesca. Proseguire con gli ibridi forse è più fattibile, ma a quel punto non sopravviverebbe la specie ma solo una parte del suo patrimonio genetico.
La seconda strada è assai più avveniristica e punta sulle cellule staminali. Oggi è possibile, almeno in teoria, utilizzare una cellula adulta della pelle dell’animale, ad esempio, per portarla allo stato di cellula staminale pluri-potente, capace di dare vita a diversi tessuti dell’organismo. Dalla cellula staminale si può ottenere un gamete, cioè un oocita o uno spermatozoo da far accoppiare. A quel punto si avrebbero a disposizione gli ingredienti per creare embrioni a volontà. Tra l’altro, disponiamo di una dozzina di campioni di cellule adulte conservati dai rinoceronti maschi defunti. Perciò, gli embrioni generati dalle staminali avrebbero la biodiversità necessaria a dar vita a una vera popolazione di rinoceronti.

TUTTAVIA, LA TECNOLOGIA per «riprogrammare» le cellule è ancora molto sperimentale. Risale al 2006 ed è valsa il premio Nobel al giapponese Yamanaka nel 2012. Finora è stata sperimentata solo sui topi e notoriamente il processo di sviluppo embrionale è molto diverso da specie a specie. In ogni caso, nonostante menzioni questa possibilità (forse per acchiappare qualche click), lo studio pubblicato da Nature Communications non rappresenta alcun passo avanti reale in questa direzione. Per ottenere un rinoceronte a partire da staminali ri-programmate potrebbero servire decenni di studio.
Tra l’altro, come sottolineano Terri Roth e William Swanson del Centro di conservazione delle specie in pericolo di Cincinnati in un commento sulla stessa rivista, la riproduzione assistita non sarà mai la soluzione definitiva al problema dell’estinzione delle specie. L’esperienza insegna che i risultati sul campo sono inferiori a quelli ottenuti in laboratorio. Per proteggere le specie dalla sesta estinzione di massa a cui stiamo assistendo, è necessario un impegno politico che affianchi strategie hi tech come la fecondazione in vitro a misure tradizionali, come la lotta al bracconaggio e la tutela delle foreste.