La situazione che si è venuta a creare in Emilia Romagna è dovuta, da un lato ad una crisi generale della politica italiana, dall’altro a dei tratti peculiari propri del Partito Democratico emiliano romagnolo. Ne è convinto Carlo Galli, nella duplice veste di deputato modenese del Pd e di attento politologo.

Secondo Galli, Stefano Bonaccini, indagato per peculato nell’ambito dell’inchiesta della Procura di Bologna sulle spese dei gruppi della Regione Emilia Romagna, ha fatto bene a non ritirarsi dalla corsa delle primarie.

«L’essere indagato non significa nulla né sotto il profilo giuridico né sotto quello etico. In generale e in un universo normale. Il fatto è che il nostro paese da molti anni non è normale, ma è esasperato da una crisi economica terribile, che è diventata una crisi sociale, di democrazia, ed è divenuta anche una crisi di fiducia verso il ceto politico. Al ceto politico vengono imputati, a volte giustamente a volte ingiustamente, le responsabilità principali della situazione di gravissimo disagio in cui si trova il paese. E’ per questo che la scelta di candidarsi o meno deve essere lasciata da una parte alla sensibilità personale dei politici che si candidano e dall’altra alla guida politica generale nazionale di un partito.

La situazione che si è venuta a creare, però, sta creando molto fastidio nei militanti.

Giustamente. Ai militanti, ma in generale ai cittadini. Vedono il partito, perno di una regione importante come l’Emilia Romagna, esposto ad un imbarazzo, a un’incertezza che sicuramente non aiutano a migliorare l’immagine della politica. E’ normale che questo faccia male: certamente al ceto politico ma anche ai cittadini, i quali, da un ceto politico poco legittimato, non hanno che da temere problemi o in ogni caso difficoltà nella loro vita quotidiana.

Per risolvere la situazione che si è venuta a creare, da alcune parti si invoca l’intervento da Roma.

Non è mai facile decifrare le decisioni di un leader nazionale, e di Renzi in particolare. A me pare di capire che Renzi a questo punto cercherà di mescolare meno possibile la propria immagine con la vicenda emiliana, perché non è bella. Al di là del merito, che probabilmente è assai meno grave di quanto possa apparire, non si può nascondere che sia una vicenda che fa male al partito. Una vicenda che Renzi immagino direbbe appartenere alla vecchia politica. Tutto si gioca sulla tenuta di Bonaccini, anche psicologica. Cioè se il candidato favorito è in grado di fare campagna elettorale sotto il peso del problema giudiziario che ha, e che lui giustamente dice essere un problema piccolo. Noi abbiamo visto Errani andare avanti in modo assolutamente sereno fino ad una condanna. Per cui si può fare. Penso che Renzi veda come estrema ratio, anche particolarmente rischiosa sotto il punto di vista dell’immagine, l’intromissione diretta nelle questione emiliana. Sarebbe un commissariamento, un’ingerenza umanitaria e risulterebbe particolarmente sgradita da queste parti.

Nei due mesi trascorsi dalle dimissiondi Errani, il Pd emiliano romagnolo è sembrato a molti come un pugile suonato che si aggira solitario per il ring. Con a destra il vuoto e i grillini divisi, sembrava che il Pd giocasse a tirarsi pugni sa solo. E soprattutto: è possibile che in 15 anni di governo Errani non si sia trovato, per tempo, un suo sostituto?

Da un lato il problema è generale e riguarda tutta la politica italiana. In Italia il sistema politico è in affanno perché il personale politico non sempre è di prim’ordine e perché è estremamente vischioso. E’ una politica in cui le carriere sono lente; in cui nella selezione interna ai partiti, più che la capacità decisionale valgono le cordate, logiche di affiliazione personale. Inoltre la politica fatica perché le leve del potere non sono nelle sue mani ma in quelle dell’economia, o dei tecnici o delle burocrazie. Inoltre, a causa del discredito che ha investito il sistema, la carriera politica non è più considerata da molti appagante.

E questi sono i caratteri generali, nazionali. In Emilia Romagna in più c’è un elemento di conservatorismo del partito che è assolutamente spiegabile: in questa regione vi è una tradizione di governo della sinistra che dura da 70 anni. Questo governo ha prodotto uno sviluppo sociale ed economico assolutamente straordinario, in una regione che nel dopoguerra era in buona parte sottosviluppata, soprattutto nelle campagne. Questo ha prodotto da una parte una grande sicurezza del partito in sé stesso e dall’altra un discreto conservatorismo, una grande prudenza. Proprio perché sono molti i risultati portati a casa si cerca di non sprecarli. Questo eccesso di prudenza, che in passato ha tranquillizzato gli emiliani, in questo caso è da considerarsi più una debolezza che una forza.