Attesa da oltre venti anni, la riforma della cittadinanza è stata approvata ieri da un’aula della Camera inizialmente deserta. Uno spettacolo desolante, che però non ha tolto ai tantissimi giovani figli di stranieri che vivono nel nostro paese la gioia di vedere diventare realtà una provvedimento che – seppure con tutti i suoi limiti – attendevano d troppo tempo. «Se posso riassumere il sentimento della maggioranza delle secondo generazioni che hanno seguito in diretta il dibattito commentandolo su Facebook direi che la sostanza è stata questa: aula deserta o piena purché approvino la riforma», spiega Mohamed Tailmoun, 44 anni di origine libica ma arrivato in Italia quando aveva 5 anni. Oggi lavora come mediatore culturale e fa parte della Rete G2 – seconde generazioni, associazione fondata nel 2005 da figli di immigrati e rifugiati nati o cresciuti in Italia. «Abbiamo aspettato così tanto, al di là dei venti anni della legge 1991/92 che era già vecchia quando è stata approvata. La sensazione della maggior parte delle seconde generazioni è che non se ne poteva più e che serviva una riforma al più presto».

Il testo approvato la convince?
Insieme ad altre realtà e associazioni la Rete G2 fa parte della campagna «L’Italia sono anch’io» che ha proposto un testo diverso. Dopo di che bisogna fare buon viso a cattivo gioco e vedere che è stata approvata una riforma che prevede in qualche modo un certo automatismo, sia per i nati in Italia che per chi è arrivato da piccolo, e questo è positivo. Si avvicina di più alla nostra richiesta di cittadinanza come diritto soggettivo, limitando al massimo il potere della pubblica amministrazione di dire si o no. I difetti sono in alcuni dei criteri indicati: avremmo voluto che non ci fosse l’obbligo per uno dei due genitori di possedere la carta di soggiorno, che sappiamo tutti essere un documento difficile da ottenere ma soprattutto che introduce la discrezionalità della pubblica amministrazione che uscita dalla porta è rientrata dalla finestra: non ti do la carta di soggiorno, quindi nego a tuo figlio la possibilità di essere cittadino italiano. C’è poi il criterio del reddito, che limita fortemente e fa della cittadinanza una questione di ceto. Infine avremmo voluto che la questione della scuola non stesse tra i criteri di una legge sulla cittadinanza, anche se messa così non è certo la versione peggiore dello ius culturae. Ci sarebbero i margini per migliorare la legge, perché sicuramente così com’è è imperfetta, però tutto sommato incassiamo il fatto che è stata superata la legge 91/92 che produceva solo stranieri.

C’è chi definisce le nuove norme un compromesso al ribasso, ad esempio perché non si affronta il problema della cittadinanza per gli adulti.
E’ vero. Diciamo che non è una riforma integrale della 91/92 perché la vecchia legge prevedeva anche una parte sugli adulti. Questa è una riforma con compromessi e come tale non accontenta tutti.

Facciamo un po’ di numeri: quanti potrebbero essere i nuovi cittadini italiani?
Tra le seconde generazioni si fa sempre una cifra che oscilla tra gli 800 mila e un milione di ragazzi. Ma circa la metà dei cittadini stranieri non comunitari non possiede la carta di soggiorno, quindi la cifra si dimezzerebbe. Una mia idea, ma andrebbe confrontata con i dati del ministero dell’Interno, è che in realtà il numero degli stranieri con figli che potrebbero essere interessati dalla riforma è inferiore. Diciamo che potrebbero essere circa 500 mila.

Quanto è importante questa legge per l’integrazione di una ragazzo?
Come Rete G2 quando siamo nati, ormai dieci anni fa, avevamo individuato come fondamentale la riforma della cittadinanza, perché essere o non essere cittadini in questo paese fa la differenza. Chi è cittadino è ascoltato quanto meno come elettore. Non essere cittadini italiani, invece, per i ragazzi immigrati ma anche per i nostri genitori ha significato essere sempre stati oggetto delle campagne elettorali. Su di noi si costruiscono e si disfano fortune politiche a destra come a sinistra. Avere una riforma come questa, per quanto non completamente soddisfacente, vuol dire che domani anche in Italia potremo dire ai politici: anche io voto, quindi quello che dici influenzerà una fetta del tuo elettorato. Ma soprattutto questa legge darà dignità a tantissimi giovani che si sentono italiani ma formalmente vengono trattati come stranieri o comunque come cittadini di serie B.