«Vorrebbe dire no, come ha giurato e stragiurato in campagna elettorale, ma teme che questa decisione verrebbe utilizzata come una clava contro di lei». «Vorrebbe dire sì perché ha capito che, se la carta viene giocata bene, è l’unica opportunità attuale di finanziamento per alcune opere necessarie a Roma, ma non può tradire le attese di chi l’ha votata». Sono solo ipotesi, supposizioni, declinate in vario modo da analisti, osservatori, politici, collaboratori. Molto probabilmente però la sindaca Virginia Raggi non ha ancora svelato la propria decisione (sempre che l’abbia presa) sulla candidatura di Roma alle Olimpiadi del 2024 perché quel Sì o quel No, finché rimangono impronunciati, sono al momento l’unica arma di difesa soprattutto dai “nemici” interni al Movimento 5 Stelle. La blindatura di Grillo, non a caso condizionata al rispetto del programma elettorale, evidentemente non basta.

Ma che il movimento sia dilaniato dalla questione olimpionica è evidente: dopo che l’assessore allo Sviluppo economico della Capitale Adriano Meloni, considerato amico di Davide Casaleggio, ha azzardato un «sarebbe bellissimo ospitare i Giochi», ieri il senatore pentastellato Nicola Morra ha messo un punto fermo: «Siamo convinti che Virginia, come ha saputo dire No nel 2014 alle Olimpiadi – scrive in un post su Fb – saprà allontanare eventuali virus che cercano di infettare l’unica cosa pulita nella politica romana: il M5S». Mentre i membri grillini della Commissione Bilancio della Camera tagliano corto: «Il premier si gingilla con le chiacchiere sulle Olimpiadi di Roma» mentre «qui è in gioco la sopravvivenza dei servizi essenziali. Altro che Giochi, siamo alla disciplina del salto nel vuoto».

Intanto il pressing continua, da più parti. I sindaci dei 120 comuni della Città metropolitana chiedono a Raggi di essere coinvolti nella decisione.

Mentre Giovanni Malagò sceglie, malamente, il modello Expo (al quale i grillini sono sempre stati contrari), e Beppe Sala come spalla («Io proverei a non perdere questa occasione», suggerisce il sindaco di Milano), per incalzare Raggi che incontrerà, dice il numero uno del Coni, «dopo il 20 settembre». «A Milano per l’organizzazione di Expo non hanno disconosciuto le scelte dei predecessori – è il messaggio di Malagò lanciato a margine di una kermesse organizzata da Samsung nel capoluogo lombardo -. Expo è stato vinto da Letizia Moratti e il lavoro è proseguito da Giuliano Pisapia, con l’aiuto del commissario Sala. Le istituzioni sono sacre ma non devono fare discorsi contro qualcuno ma a favore di tutti». Malagò insiste sul fatto che entro il 7 ottobre il governo di Roma non deve prendere alcun impegno finanziario, perché la Capitale «è semplicemente una candidata ad ospitare le Olimpiadi del 2024. Non dobbiamo ancora dire Sì o No all’evento, ma semplicemente concorrere per il nostro Paese, perché le Olimpiadi a Roma coinvolgerebbero l’intera penisola». D’altronde, precisa, «non esistono candidature alternative perché sarebbero fuori tempo massimo. Quindi o Roma o niente».

Nell’ufficio al secondo piano di Palazzo Senatorio ieri è arrivata anche la lettera di Maurizio Caliciotti, sindaco di Lariano, che invita Raggi a «intavolare una discussione collegiale» con tutti i sindaci della Città metropolitana, «valutando in maniera aperta tutti i vantaggi e le innegabili criticità».

Insomma, una sorta di referendum solo tra i primi cittadini, e non – come chiedono in molti, ormai – tra tutti gli abitanti della Capitale. Ma ora che «dal Coni al Pd, in tanti sembrano ricredersi sulla necessità di un referendum sulle Olimpiadi, che come Radicali abbiamo promosso e lanciato mesi fa, per primi e in totale solitudine, – scrivono Riccardo Magi e Alessandro Capriccioli – continueremo nelle prossime ore a batterci in tutte le sedi perché quella proposta prenda corpo, magari anche grazie a chi l’ha respinta fino a pochi giorni fa».

È l’unica soluzione per uscire dallo «stallo», suggerisce anche Stefano Fassina. Perché se da un lato Raggi «vorrebbe dire di no» ma teme le ritorsioni, dall’altro, spiega il dirigente di Sinistra Italiana, «i soliti interessi forti della città» sono «pronti all’ennesimo banchetto ai danni dei romani». «L’avevamo proposto con la prima mozione della consiliatura, respinta dal M5S in un voto in profonda contraddizione con la loro vocazione alla partecipazione diretta. Lasciamo scegliere ai cittadini le priorità per Roma – sprona ancora Fassina -: tra il Sì alle Olimpiadi e il Sì all’utilizzo delle nostre risorse per traffico, rifiuti e sofferenza sociale».