Ore di travaglio per la sinistra Pd che si è infilata volontariamente e forse senza troppa consapevolezza nel pasticcio della commissione per la modifica dell’Italicum. E ora non sa come uscirne senza autoinfliggersi troppi danni. Ieri pomeriggio il vicesegretario Lorenzo Guerini si è intrattenuto a lungo in Transatlantico con Gianni Cuperlo, unico esponente delle minoranze che ha accettato di stare nella commissione a cinque (c’è anche Orfini e i due capogruppo di camera e senato). Facce preoccupate quelle di entrambi. Il quintetto presto si dovrà riunire ma sarà difficile non certificare l’impossibilità di trovare un accordo sull’Italicum. Almeno prima del referendum del 4 dicembre. Il problema non sono solo le richieste di Cuperlo di una legge di fatto tutta diversa (chiede «un equilibrio tra rappresentanza e governabilità e i collegi uninominali»). C’è sopratttutto il sostanziale disinteresse di Pier Luigi Bersani e dei suoi, ormai lanciati nella campagna per il No al referendum e indisponibili a cambiare idea.

Nelle intenzioni originarie la commissione doveva produrre il testo della «pax renziana» entro il 28 ottobre, data della manifestazione del Pd sull’Europa e di fatto della prima kermesse per il Sì. Cuperlo non sa ancora se parteciperà, e questo la dice lunga sullo stato della trattativa interna.

Ieri di fronte ai cronist, ha cambiato idea più volte. «Non so se ci sarò, sabato dovrei essere fuori Roma», ha detto in mattinata. Per poi rettificare ironicamente nel pomeriggio: «Sono un funzionario di partito, vado dove il partito chiama», ha risposto stavolta ai cronisti. Che lo hanno interpretato come un sì. Confortati anche da una chiosa: «Se c’è una manifestazione del Pd io vado».

Ma non è così, almeno non in questo caso, per il resto delle minoranze. Molti bersaniani non ci andranno. E non ci andranno sicuramente gli esponenti dem schierati con il No. Quindi, in serata, da Cuperlo arriva l’ultima rettifica, stavolta seria e preoccupata: «Sto chiedendo con altri un atto politico serio che si faccia carico delle richieste avanzate dalle minoranze, e non solo, per una nuova legge elettorale. Le motivazioni sono stranote. Se il Pd, con la volontà del suo segretario, trova le ragioni dell’unità io alla manifestazione di sabato parteciperò come ho sempre fatto. Se quella piazza sarà il luogo dove sancire una divisione, non sarò lì».