Cacciato dalla piana di Ottana, il nuovo inceneritore di Macomer, che avrebbe dovuto raddoppiare quello vecchio, ha un serio problema. Il Tar della Sardegna lo ha bocciato (N. 00629/2016, 15 luglio). La sentenza rileva la contraddizione dell’impianto con il Piano Regionale dei rifiuti. A margine (ma la questione non è marginale) i giudici scrivono che l’aumento della percentuale dei tumori verificata nel territorio dall’Asl appare legato in gran parte a tumori non causati da problemi ambientali: ma le recenti ricerche stanno lavorando sulla relazione assai probabile fra tumore e ambiente, anche sul tumore al seno. Il territorio è preoccupato per le polveri di combustione, per la diossina.
In Sardegna gli scontri sul destino dei luoghi sono decine, la qualità del paesaggio vi si connette sempre in maniera stretta. Su questo giornale tre anni fa Giuseppe De Marzo dedicava un reportage dedicato all’Eni e al cardo (10/05/2013). L’anno dopo su queste colonne (12/07/2014) abbiamo riportato il problema dell’airgun. Cinque giorni fa l’areale fra Arborea e Oristano, paesaggio di mare, stagno e pianura di eccezionale bellezza. Di nuovo, una zona di magnifici paesaggi, forte cultura, produzioni agroalimentari di qualità, artigianato.

Macomer sembra vigilare su un altopiano, fulcro della regione chiamata Marghine, che divide il Capo di Sopra della Sardegna (la metà settentrionale) dalle pianure del Campidano, verso i monti di Barbagia e Montiferru e in direzione di Cagliari. Luogo antico, forse un mercato fenicio e preceduto da una serie spettacolare, a reticolo, di centinaia di nuraghi e tombe megalitiche, poi con gemme medievali. Associazioni che tolgono il fiato.

Le polemiche su nuovi rifiuti e inceneritore partono dai tempi della giunta Soru: il governatore ‘ambientalista’ era favorevole. I termovalorizzatori sono un investimento che porta grandi utili, e promette brandelli di lavoro nel duro scenario di operai (sono i 38 dell’attuale, vecchio, inceneritore) che al lavoro non possono rinunciare. Mai nessuno che pensi a fabbriche basate su produzioni di tipo diverso: ma in Sardegna la fabbrica è stata pensata per speculare e sconfiggere le forti e diffuse resistenze.

Discutevo con attivisti e studiosi sul numero così alto e insolito di aggressioni a luoghi di pregio della Sardegna. Associazione e quantità impressionano. Sono molti i luoghi di qualità ambientale nell’isola, ma vi è un attacco specifico a un territorio scarsamente antropizzato, con abbandoni forti, contributi pubblici alla speculazione e una classe politica autonomisticamente assente.
La crisi dei presidi diffusi del risiedere apre le porte all’assalto. Gli incendi sottolineano il deserto, ne preparano altro cercando di bruciare modelli virtuosi che pure iniziano a radicarsi nel desiderio e nella ragione: almeno della gente che si batte. Ma non dentro la politica tradizionale: i finanziamenti per una società sostenibile latitano, gli altri abbondano. Sono in programma quarantadue milioni per smaltire 61.120 tonnellate/anno di rifiuto: anche se il piano regionale non lo prevede, anche se la frazione di indifferenziata è in forte diminuzione. Nelle righe della sentenza del Tar quasi si legge: questo è buttare soldi pubblici.

I comitati civici sono in prima fila, guidati dal perfettamente espressivo «Non bruciamoci il futuro», assieme ad associazioni come Zero Waste-Sardegna, Unione dei comuni della Barbagia, ambientalisti, medici, archeologi, giuristi, e una diffusa presenza indipendentista. Dall’altra parte, a favore, il comune di Macomer e la provincia, le forze al governo regionale e nazionale con qualche diversa testimonianza personale, contestata nella manifestazione del 28 marzo 2015. E’ che la modalità «partito di lotta e di governo» non funziona. Per mantenere il governo, nel momento delle scelte il partito vota la maggioranza.

E’ facile, e banale, parlare di effetto Nimby («Non nel mio cortile»): il movimento, che di nuovo festeggia, ha radici, si è espresso a favore dell’acqua bene comune, contro le centrali e le scorie nucleari, basi militari e trivelle. Esprime intelligenza tecnica, risponde a Schlumberger, Saras, Eni. E’ persino capace di vincere. Pone problemi di tutela e salute, ma guarda ad una nuova economia.

Da questo radicamento, da queste complessità, la Sardegna può essere laboratorio di avanguardia. Un ruolo che le veniva riconosciuto nella politica classica: ma questa è politica radicalmente diversa, non è complemento di quella che oggi governa. Semi di progetti basati su paesaggio, cultura, biodiversità, ambiente, prodotti alimentari di qualità possono dare frutti, invitano a proseguire legando al modello dello sviluppo locale i beni comuni, immaginando su questa base nuove forme di autogoverno e democrazia.