Quando Luigi Di Maio, alle 9 del mattino di una giornata in cui tutto pare perduto, si presenta a casa di Giuseppe Conte non si limita essere il portavoce di una proposta di mediazione.

LO SCOPO del ministro degli esteri è convincere il promesso leader che una rottura con Beppe Grillo non servirebbe a nessuno dei contendenti. Porterebbe alla nascita di due soggetti, il M5S de-contizzato di stretta osservanza grillina e il Partito di Conte, destinati ad avere poco peso e a mettere in evidenze le proprie debolezze. Esce dall’incontro senza parlare, subito dopo incrocerà Roberto Fico ai margini di un evento istituzionale e avranno modo di scambiarsi le rispettive impressioni. La speranza è che adesso Conte parli di nuovo e rilanci il dialogo che Grillo non ha auspicato ma neppure rifiutato espressamente, nel messaggio di mercoledì sera che teneva fermi alcuni punti ma abbassava i toni e invitava all’unità.

DI MAIO CERCA di consolidare le sua argomentazioni sulla scorta dell’andamento delle assemblee dei gruppi alla Camera e al Senato che si sono tenute nella notte tra mercoledì e giovedì, poche ore prima della sua visita. Difficile disegnare una mappa statica dello scontro in atto. A Montecitorio, i contiani sono rilevanti eppure in minoranza. La maggior parte degli eletti spera in una riconciliazione e considera il ruolo dell’ex presidente del consiglio importante, ma se si trovasse davanti a una rottura resterebbe nel M5S.

PALAZZO MADAMA, invece, si conferma roccaforte di Giuseppe Conte. Però anche qui emergono sfumature e indecisioni che in un momento di confusione e accelerazioni improvvise potrebbero fare la differenza. Dopo ore di discussione infuocata, il documento votato dai senatori grillini nella sostanza rilancia la proposta fatta da Conte lunedì scorso in conferenza stampa: fare esprimere gli iscritti sulla sua proposta di statuto. Ma anche da questo lato del parlamento qualcuno si è posto un problema non da poco: quella bozza di regolamento ancora non l’ha letta nessuno. Si sta usando come vessillo identitario un testo che finora hanno potuto vedere soltanto i due contendenti coi rispettivi consulenti legali. Anche l’assemblea dei deputati avanzano formalmente la richiesta di conoscere i contenuti della bozza di statuto e della carta dei valori oggetto di discussione degli ultimi giorni.

ALLA FINE emerge che i parlamentari del M5S danno mandato ai due capigruppo, Davide Crippa alla Camera e Ettore Licheri al Senato, di promuovere un incontro con Beppe Grillo e Giuseppe Conte, un’assemblea per cercare di trovare una soluzione. È in questo spirito che deputati e senatori si spingono a chiedere di contribuire allo statuto e alla carta dei valori. In serata, Conte viene intercettato dai cronisti sotto casa sua e assicura: «Sono a disposizione dei parlamentari, se vogliono vedere i documenti potranno farlo». Forse è un primo segnale di disgelo, anche se nel palazzo si dice che Rocco Casalino spinga l’ex premier a rompere e tentare di procedere da solo col suo partito.

TRA LE RAGIONI di Di Maio a favore di una riconciliazione c’è il fatto che se i contiani dovessero scindersi resterebbero relegati al gruppo misto, visto che per costituire un gruppo autonomo al senato occorre avere la copertura di un simbolo di partito che ha partecipato a una precedente competizione elettorale. Gli ex grillini de L’alternativa C’è si sono accordati con l’ex pm Antonio Ingroia dando vita alla componente Lista del Popolo per la Costituzione. Elio Lannutti ed altri espulsi dopo aver votato contro il governo Draghi hanno rispolverato il logo di Italia dei Valori, annunciando proprio ieri un accordo.

C’È ANCHE un problema di visibilità e spazi politici. Perché non è affatto detto che nel contesto del governo Draghi e della grande coalizione che lo sostiene ci sarebbe spazio per due mutazioni genetiche del grillismo originario. «Se si arrivasse davvero alla spaccatura in cosa ci distingueremmo gli uni dagli altri? – si interroga un deputato – In aula e in commissione continueremmo a seguire le stesse battaglie. Ed entrambe le formazioni resterebbero nella maggioranza di governo». Insomma, il rischio è che il M5S e il PdC (Partito di Conte) continuerebbero a marciare uniti e restare divisi in nome dello scontro tra i rispettivi leader.

LA DISCESA IN CAMPO di Di Maio segnala l’importanza dell’ex capo politico nella tessitura degli equilibri interni, ma forse arriva fuori tempo massimo. Pesano le spaccature degli ultimi giorni. Tanto dopo il gran rifiuto dell’altro giorno Vito Crimi risponde all’ultimatum di Grillo sulla votazione del direttorio a 5, annunciando che ci sarà ma non su Rousseau, come chiesto dal garante, bensì su Sky Vote. È la piattaforma che aveva scelto Conte dopo la migrazione dei dati degli iscritti dal sito di Davide Casaleggio.