«La soglia minima per il pensionamento anticipato è di 62 anni di età e 38 anni di contributi, a cui si potrà accedere durante quattro finestre l’anno». Questa è la traduzione di «Quota 100» nel Draft Budgetary Plan inviato a Bruxelles.
Mettendo a tacere le molte voci che volevano un’estensione dei paletti e lo stop all’adeguamento all’aspettativa di vita – vero dogma dell’austerità- , la «cancellazione della riforma Fornero» è un provvedimento molto più limitato delle attese dei pensionandi che hanno votato Lega e M5s soprattutto per questo.
Rimangono parecchie incertezze – limiti ai contributi figurativi, spiegazione delle «finestre» e cioé gli spazi temporali che ritardano di mesi l’uscita – ma il bacino potenziale appare molto sotto i 400mila sempre citati da Salvini. Dipendenti pubblici (circa 150mila), un po’ di operai e dipendenti privati non toccati dalla crisi, qualche lavoratore autonomo: tutti concentrati al Nord.
Le stime sul taglio dell’assegno vanno all’unisono verso quota 20 per cento, ma dipenderanno dalla possibile estensione del ricalcolo contributivo.
Arrivare a 38 anni di contributi è un miraggio per buona parte dei pensionandi che si dovranno accontentare di Quota 104 o superiori. Come mosche bianche, i più avvantaggiati sono coloro che hanno appena compiuto 62 anni e maturato 38 anni di contributi: andranno in pensione 5 anni prima degli attuali 67 anni per la vecchiaia e dei 43 anni e 3 mesi per l’uscita «anticipata», ex anzianità.
Il miraggio è totale per le donne a cui viene però dato il contentino della proroga di «opzione donna»: la normativa che permette alle lavoratrici con 58 anni, se dipendenti, o 59 anni, se autonome, e 35 anni di contributi, di andare in pensione con un assegno calcolato tutto al contributivo e quindi tagliato in media del 30 per cento.
La sorpresa di lunedì è stato l’inserimento delle «pensioni d’oro» in manovra. Si è trattato di un altro modo per fare cassa – esattamente come la riforma Fornero – e trovare soldi, abbandonando l’obiettivo del provvedimento: «alzare le pensioni minime» come recitava il titolo del progetto di legge con primi firmatari i capogruppi di M5s e Lega alla camera.
Il M5s con Di Maio spingeva addirittura per inserire il provvedimento nel Decreto fiscale. Un blitz che alla Lega è sembrato troppo anche perché Salvini e i suoi puntavano a prevedere il taglio solo per chi è andato in pensione col solo metodo retributivo. Il limite è rimasto quello degli assegni sopra i 4.500 euro netti al mese. Il ricalcolo contributivo basato sull’età di pensionamento dovrebbe essere mantenuto ma per assicurare il miliardo in tre anni di risparmi servirà anche bloccare l’indicizzazione per le pensioni superiori. Su tutto rimane l’incognità della costituzionalità di un provvedimento triennale e senza reinvestimento nel sistema previdenziale, come invece fu il contributo di solidarietà del governo Letta.