«L’impianto del disegno di legge sulla scuola è liberale e di centrodestra, tanti punti in questa legge sono stati introdotti da noi». Non ha dubbi la preside Elena Centemero, deputata e responsabile scuola di Forza Italia. Gli unici emendamenti approvati all’articolo 8 della riforma – quello sull’organico dell’autonomia – sono stati (a parte quelli imposti dalla commissione bilancio) i suoi. Due invece gli emendamenti approvati all’articolo 9, quello sui nuovi (super)poteri dei dirigenti scolastici. Il primo del Pd prevede che il curriculum dei professori venga pubblicato sul sito della scuola (quando c’è), il secondo del M5S introduce il divieto di rapporti da parentela tra il preside e i professori dell’istituto. E così il contestato articolo sui nuovi presidi è stato approvato, con la camera un filo sopra il numero legale e appena 214 voti favorevoli (su una maggioranza di governo teorica di 404). Le assenze del lunedì, una certa rassegnazione delle opposizioni, una serie di sospensioni hanno impedito alle minoranze – che in teoria potrebbero contare su 230 e più deputati – di segnare un colpo importante.

La minoranza del Pd non ha partecipato al voto sui presidi. Il bersaniano Alfredo D’Attore ha detto che «facciamo un torto a Renzi e al ministro Giannini, che all’epoca si presentò con uno schieramento alternativo, se diciamo che questa riforma è il programma con cui ci siamo presentati alle elezioni». Stefano Fassina ha chiesto in aula alla ministra dell’istruzione di dimettersi, «sarebbe utile per lasciare che si ripristini un clima più positivo tra governo e mondo della scuola». Al che più di un deputato del Pd ha sentito l’esigenza di intervenire per confermare la fiducia del partito nella ministra. Fino a che Giannini non ha replicato direttamente a Fassina: «Mi ha attribuito parole, opinioni e fatti che non esistono. Fa la sua battaglia politica, questo è legittimo e nemmeno troppo inatteso».

Secondo la ministra «non va scambiata l’autonomia per dirigismo, per potenziale occasione di nepotismo, per potenziale occasione addirittura di corruzione» e «non ci saranno presidi padroni». L’articolo 9 della riforma, modificato rispetto all’impostazione originale dell’esecutivo ma ancora contestato dal mondo della scuola, assegna ai dirigenti scolastici il potere di conferire ai docenti un incarico triennale, rinnovabile. La selezione – anche mediante colloqui – sarà fatta sui docenti di ruolo assegnati all’ambito territoriale di riferimento, mentre l’ufficio scolastico regionale procede ad assegnare le cattedre ai docenti che non abbiano ricevuto, o accettato, proposte. Secondo la nuova legge il dirigente dovrà coprire le supplenze fino a 10 giorni con l’organico dell’autonomia, mentre potrà farsi affiancare nell’esercizio delle sue mansioni dal 10% dei docenti della scuola. La difficoltà della maggioranza sull’articolo 9 risulta ancora più evidente dal confronto con il precedente voto sull’articolo 8 che ha raccolto una sessantina di voti in più.

Superato lo scoglio dei nuovi poteri ai presidi, alla camera è cominciata la seduta notturna. Ed è cominciata da un altro articolo decisivo per la riforma, il cosiddetto piano di assunzioni straordinarie che non è altro, secondo i sindacati uniti e secondo tutti i partiti di opposizione, che la regolarizzazione di una piccola parte dei precari della scuola. La proposta di Fassina e altri deputati democratici di minoranza di assumere entro l’anno gli idonei che hanno vinto il concorso del 2012 e sono rimasti senza cattedra è stata bocciata con soli 100 voti di scarto (224 no e 124 sì) e ha ricevuto il voto favorevole di una quindicina di deputati Pd. Anche l’ex ministra dell’istruzione di Forza Italia Maria Stella Gelmini ha presentato un emendamento per allargare le maglie delle assunzioni, accolto polemicamente dalla maggioranza renziana: «È la prima volta che l’ex ministra si interessa dei precari», ha detto la deputata Ghizzoni.

Nella tarda serata ancora voti, gli articoli del disegno di legge sono in totale 27. Il voto finale della camera arriverà domani.