Ahmed Shawky, critico cinematografico egiziano, ha rassegnato le sue dimissioni dalla carica di direttore artistico del Cairo International Film Festival, che ricopriva dall’anno scorso. La notizia delle dimissioni non è stata data da Shawky ma dal comitato scientifico del Festival, in programma nella capitale egiziana dal 19 al 28 novembre, che ha annunciato di aver accettato all’unanimità le dimissioni del direttore. Il comunicato del Festival non spiega però le ragioni delle dimissioni: «Il Cairo International Film Festival è impegnato con i preparativi della quarantaduesima edizione e annuncerà i propri progetti nelle prossime settimane, continuando a difendere i propri principi di sostegno alla diversità, a costruire ponti fra culture, incoraggiare il dialogo, celebrare nuove voci e fornire una piattaforma ai talenti cinematografici di tutto il mondo, contribuendo anche allo sviluppo dell’industria locale».

L’ACCENTO sulla diversità e il dialogo viene però probabilmente posto perché, anche se non se ne fa menzione, sono state le posizioni intolleranti e offensive di Shawky sui social network a causare il diffuso malcontento che ha portato alle sue dimissioni. È di ieri infatti anche un appello – non firmato – di filmmaker arabi ed egiziani che chiede al mondo del cinema di prendere posizione contro Shawky, «che nel corso degli ultimi otto anni è stato autore di post che, se si fosse trovato in Europa, negli Stati Uniti o in Asia, l’avrebbero fatto subito ostracizzare. Parole d’odio. Commenti e idee che riflettono vedute violente, fasciste e sessiste». La lettera – che allega anche gli screenshot dei post – ne elenca alcune, fra cui l’incitazione a condannare a morte, all’epoca dell’arresto del giornalista Hossam Bahgat, gli attivisti egiziani senza neanche processarli. In un’altra occasione, riporta la lettera, Shawky ha gioito per la morte di 70 tifosi dell’Al-Ahly, una squadra di calcio egiziana, nel corso degli scontri durante una partita del 2012.

A livello cinematografico, l’ex direttore del Festival criticava invece i registi che hanno raccontato la guerra in Siria, accusandoli di volersi accaparrare degli Oscar sfruttando la tragedia siriana.
Shawky si è scusato per le sue parole, ma la campagna social contro di lui, e affinché venisse rimosso dalla carica di direttore artistico del Cairo Film Festival, è continuata: «Non possiamo scusare o passare sopra parole che invocano l’esecuzione di attivisti – continua la lettera in cui si sostiene anche che le scuse di Shawky sono giunte solo grazie a delle pressioni istituzionali – che si beano del terribile omicidio di cittadini egiziani, che riducono le donne a oggetti e disapprovano il femminismo. Non si tratta di un paio di post ma di idee odiose consistentemente espresse nel corso di una decade».