L’accordo Ue-Israele di cooperazione scientifica rispetta «interamente le esigenze legali e finanziarie della Ue e al tempo stesso le sensibilità politiche di Israele e mantiene le sue posizioni di principio». È un passaggio del comunicato diffuso martedì notte dai vertici del governo israeliano dopo l’annuncio che l’Unione europea e Israele avevano raggiunto un compromesso che consente loro di firmare l’accordo di cooperazione scientifica noto come Horizon 2020. I colloqui serrati di questi ultimi giorni – in particolare la maratona telefonica tra il ministro della giustizia Tizpi Livni e il capo della diplomazia europea Catherine Ashton – avrebbe permesso di superare l’impasse nei negoziati tra le due parti legata alle nuove «Linee Guida» dell’Ue. Firmando Horizon 2020, Israele investirà circa 500 milioni di euro e in cambio riceverà nei prossimi anni finanziamenti per 1,4 miliardi di euro.

Bruxelles la scorsa estate aveva messo in chiaro che qualsiasi investimento europeo non potrà finire in alcun modo, anche indirettamente, nelle colonie ebraiche costruite da Israele contro le risoluzioni dell’Onu e la Convenzione di Ginevra nei territori palestinesi e siriani (Golan) che occupa dal 1967. Direttive che avevano mandato su tutte le furie il premier Netanyahu che rispose accusando l’Ue «di voler determinare in anticipo i confini dello Stato di Israele». Il primo ministro non ha mai nascosto di volersi annettere ampie porzioni della Cisgiordania e Gerusalemme Est, dove ha intensificato i progetti di colonizzazione. Secondo Tel Aviv i territori palestinesi e il Golan non sarebbero «occupati» ma «al centro di una disputa».

Al momento sono vaghi i termini del compromesso raggiunto martedì notte. Secondo la radio militare israeliana nel testo dell’accordo l’Unione europea aggiungerà una clausola per ribadire che i finanziamenti di Horizon 2020 non andranno anche alle colonie ebraiche. Nella sua clausola di Israele affermerà di non riconoscere le direttive europee verso le colonie. Significa che Israele una volta ricevuti i finanziamenti li userà come meglio crede? È difficile che possa farlo perchè rischierebbe di perderli. E’ probabile invece che il governo provvederà a finanziare (con soldi non-europei) in modo straordinario le istituzioni scientifiche che ha creato nelle colonie. In ogni caso Netanyahu mette le mani avanti e fa sapere attraverso i suoi canali di non aver scelto le scienze al posto delle colonie. Tutto come sempre, ha commentato da parte sua il vice ministro degli esteri Zeev Elkin, un alfiere della colonizzazione che aveva messo in guardia il governo dal «cedimento» alle pressioni dell’Ue per non «creare un precedente».

Gli accordi per Horizon 2020, è convinzione generale in Israele, rappresentano un’occasione d’oro per gli istituti di ricerca scientifica del Paese e l’esclusione da quel programma avrebbe potuto avere ripercussioni specie per le università. Tuttavia non pochi accademici israeliani si sono espressi a favore delle restrizioni nei confronti delle colonie. Lo scorso settembre 500 docenti, ricercatori ed intellettuali scrissero a Catherine Ashton per esprimere sostegno alle nuove «Linee Guida» dell’Ue e si dissero «profondamente preoccupati del fatto che l’Europa stava incoraggiando e finanziando collaborazioni tra università europee e aziende israeliane, come Ahava, che operano negli insediamenti illegali israeliani». Gli insediamenti israeliani, aggiunsero, «sono illegali secondo il diritto internazionale e la loro esistenza ed espansione comportano gravi violazioni dei diritti umani dei palestinesi».