L’Académie française ha stabilito che femminilizzare i nomi di mestieri, di titoli e di funzioni «non costituisce una minaccia per la struttura delle lingua».

La venerabile istituzione, voluta dal cardinale Richelieu nel 1634, si è pronunciata a favore della femminilizzazione a larga maggioranza (ma con due voti contrari) nella riunione del 28 febbraio, dove è stato discusso un rapporto di una commissione interna, formata da 4 membri – due uomini e due donne – presieduta dallo storico Gabriel de Broglie (87 anni). La prestigiosa istituzione, che ha il compito di vegliare sulla lingua francese, oltre a compilare un Dizionario (siamo alla interminabile compilazione della nona edizione), ha dunque accettato il «buon uso» della femminilizzazione dei nomi, ormai entrato nella lingua corrente, ma non prevede una legge per ratificare la modernizzazione né dare delle regole precise, «compito insormontabile».

LA FRANCIA ARRIVA buona ultima tra i paesi francofoni a fare questo passo, mentre in Québec la femminilizzazione è in vigore da 40 anni, seguito da Belgio e Svizzera. Solo nel 2014, gli “immortali” (si chiamano così i suoi membri dal motto dell’istituzione «A l’immortalité») avevano rifiutato la femminilizzazione di nomi di mestieri, bocciati allora come «veri barbarismi». Ma oggi, secondo una delle accademiche che ha partecipato alla Commissione, la scrittrice Dominique Bona, bisogna «mostrare che l’Académie è sensibile al fatto che le donne si interrogano sulla definizione del loro mestiere».

L’Académie, pur riconoscendo che oggi «non esiste nessun ostacolo» per la femminilizzazione, solleva però alcune riserve: médecin resterà maschile (la médecin), per esempio, perché femminilizzare in médecine creerebbe confusione tra professione e nome della scienza. L’Académie nota inoltre che c’è una «tendenza a femminilizzare di meno o per niente i mestieri al vertice della gerarchia professionale»: per esempio, come si femminilizza chef? Cheffe, la chef, chèfe, cheftaine, nessuno sembra convincere del tutto gli accademici. Non è ancora arrivato il momento di trovare un femminile per chef d’Etat. Paradossalmente, ad aver maggiormente femminilizzato i nomi in Francia sono stati i militari.

OGGI, SULLE POLTRONE di velluto dell’anfiteatro sotto la Coupole del Quai de Conti siedono 3 donne (saranno tra breve 4, quando l’entrata della filosofa Barbara Cassin sarà formalizzata), contro 31 uomini. Le poltrone sono 40 (all’origine c’erano 39 sedie e una sola poltrona, ma il cardinal d’Estrée ne aveva reclamata una, per essere più comodo, così la regola è cambiata). I membri dell’Académie sono scelti dai loro pari e restano in carica fino alla morte (salvo rare eccezioni, una di queste è stata la destituzione del maresciallo Pétain dopo la guerra). Sono i difensori della lingua francese ma non è richiesta la nazionalità francese: scrittori, critici letterari, poeti, filosofi, storici, ma anche militari di alto rango, uomini di stato (c’è anche Valéry Giscard d’Estaing, ex presidente), dignitari religiosi. Oggi la presidente è una donna, la storica Hélène Carrère d’Encausse, entrata nel 1990. La prima donna era stata la scrittrice Marguerite Yourcenar nel 1980, la seconda la grecista Jacqueline de Romilly. Per le donne e per i religiosi non è obbligatoria la divisa, un’uniforme verde con cappa, spada e bicorno, scelta ai tempi del Consolato da Bonaparte. Ma quasi tutte le accademiche si sono fatte fare l’uniforme verde, Carrère d’Encausse ha voluto anche la spada. Simone Veil aveva la giacca confezionata da Chanel disegnata apposta per lei da Karl Lagerfeld.

LA FRANCIA È TRA I PAESI che più rispettano l’eguaglianza uomo-donna, secondo l’ultimo rapporto della Banca mondiale (ieri è entrato in vigore l’Indice di eguaglianza salariale, che impone alle imprese con più di mille dipendenti di rispettare la parità, pena multe salate), ma la modernizzazione nelle leggi a volte è molto lenta.

Per esempio, è da pochi anni che è stata abolita la proibizione per le poliziotte di portare i pantaloni, vietati fino a non molto tempo fa anche in Parlamento. C’è un aneddoto su Michèle Alliot-Marie, che è anche stata ministra della Difesa e degli Interni con Chirac: entrata all’Assemblée nationale con i pantaloni, un usciere le ha comunicato che erano proibiti. «Se vuole me li tolgo», ha risposto la parlamentare, facendo così cadere di fatto la legge ridicola.