Dopo Skopje ieri anche il Parlamento di Atene ha ratificato il tanto discusso accordo tra la Grecia e l’ex Repubblica Jugoslava di Macedonia. D’ora in poi il nome sarà Macedonia del Nord.

L’accordo ad Atene è passato con 153 voti a favore e 147 contrari. A sostenere il compromesso raggiunto, oltre ai 145 deputati di Syriza anche 8 esponenti del partito Anel (che non hanno seguito la linea del loro leader) e alcuni deputati centristi e riformisti.

Alexis Tsipras ha definito «storico» questo accordo e ha accusato il centrodestra di Nuova Democrazia di «ipocrisia politica». Al contrario, Kyriakos Mitsotakis continua a sostenere che questo compromesso danneggia gli interessi nazionali dalla Grecia.

I conservatori vogliono evidentemente approfittare delle proteste di piazza e delle mobilitazioni contro l’intesa raggiunta. Ma è altrettanto palese che in questo modo si rischia di offrire l’occasione ai neonazisti di Alba Dorata di tentare – in modo barbaro e violento – di strumentalizzare le manifestazioni dei cittadini contrari all’accordo. E lo si è visto chiaramente domenica scorsa quando esponenti di Alba Dorata hanno cercato, spranghe alla mano, di entrare in Parlamento.

Nonostante le ferite riportate dalla capitale greca dopo la manifestazioni di sei giorni fa, ieri, nel momento della votazione, alcuni deputati di Alba Dorata sotto processo hanno continuato ad alimentare le tensioni gridando che si tratta di prodosia, tradimento!

L’Europa, con il presidente della Commissione Jean-Claude Juncker, e l’alto rappresentante per la politica estera Federica Mogherini, si è già congratulata con Alexis Tsipras e Zoran Zaev, il premier della Macedonia del Nord.

Uguale soddisfazione da parte degli Stati uniti e di Berlino – grandi sponsor del riavvicinamento – i quali prevedono che in questo modo si possano ridurre le tensioni, in un’area di per sé, non tra le più stabili.

Per quasi 30 anni in questa zona dei Balcani c’è stata una forte contrapposizione tra chi in Grecia sosteneva che l’unica Macedonia fosse quella della regione con capoluogo Salonicco, e chi a Skopje ha prima provato a impossessarsi della figura storica di Alessandro Magno, e poi ha provato a imporre a livello internazionale il nome Macedonia.

Bisognerà vedere adesso se fino alle prossime elezioni europee e alle elezioni amministrative di maggio, Tsipras riuscirà a mettere nell’angolo i nazionalisti. Ieri ha ripetuto che le prossime generazioni ad Atene e Skopje saranno grate per questo passo, mentre ha volutamente sottolineato che «con questo compromesso viene protetta l’eredità storica greca, quella della antica Macedonia». Per superare poi le fratture createsi nei giorni scorsi, ha detto con enfasi, che «con questo accordo e questo risultato non ci sono ne vincitori, ne vinti».

Il governo di Syriza ora dovrà gestire in Parlamento una maggioranza di misura (151 Sì al voto di fiducia, 153 ieri), cercando di arrivare a una scadenza naturale della legislatura il prossimo ottobre, forte anche del fatto che, stando agli ultimi sondaggi, le distanze tra l’alleanza di sinistra e il centrodestra si stanno riducendo. Molto dipenderà anche dalla tenuta o meno dei nazionalisti che fanno capo ai Greci indipendenti e dall’area degli ex socialisti del partito centrista il Fiume. Con questi ultimi due soggetti politici (almeno per quanto riguarda alcuni esponenti), sono già in corso le prove generali di un possibile accordo elettorale.