Fabrizio e Jonathon soltanto da oggi possono vivere in pace il loro matrimonio. Era il 18 ottobre di due anni fa quando poterono trascrivere in Italia le nozze con rito civile celebrate negli Stati Uniti. Il primo sposalizio omosex riconosciuto nel nostro Paese.

Per l’occasione – un atto che fu a suo modo rivoluzionario – il sindaco di allora della capitale, Ignazio Marino, con tanto di fascia tricolore, sfoggiò il suo sorriso più disteso a beneficio dei fotografi. Di lì a poco iniziarono gli insulti, Maurizio Gasparri lo apostrofò come «bandito». E il ministro degli Interni, di allora e di oggi, Angelino Alfano, per evitare che Marino facesse proseliti, emanò una circolare ai prefetti perché procedessero all’annullamento delle trascrizioni. Il primo che eseguì la disposizione del Viminale fu in effetti il prefetto di Roma Giuseppe Pecoraro.

Ieri, con i suoi tempi, è arrivata a sentenza la questione posta da due coppie omosessuali di Milano e Udine che si opponevano all’ annullamento prefettizio delle trascrizioni dei loro atti matrimoniali. La terza sezione del Consiglio di Stato con due sentenze (n. 5047 e 5048), pubblicate in mattinata. ha dato ragione ai ricorrenti, ai quali si è aggiunto anche il Comune di Milano. E quindi a tutti i sindaci «pionieri». L’alta Corte chiarisce che «solo il Consiglio dei ministri, e non il prefetto, può esaminare la legittimità degli atti emessi dai sindaci quali ufficiali di stato civile e disporne l’annullamento, se essi risultano illegittimi».

Ignazio Marino, apprendendo la notizia mentre prepara una lezione universitaria, si dice soddisfatto, «come lo sono ogni qual volta il nostro Paese riesce ad affermare spazi su temi che alcuni politici chiamano “eticamente sensibili” e io con altri chiamo, dai tempi della Rivoluzione francese, diritti civili». Il ministro Alfano, ricorda, disse che le sue firme di convalida sui registri degli atti di matrimonio anche di coppie dello stesso sesso sottoscritti all’estero valevano solo «come autografi». «Si sbagliava», si limita a segnalare ora Marino.

Per il presidente dello storico «circolo di cultura omosessuale Mario Mieli» di Roma, Mario Colamarino, le due sentenze del Consiglio di Stato «sono la definitiva sconfitta della linea di Alfano, che è pur vero anche all’epoca non ebbe eco nel governo. Poi dal silenzio, che come associazione denunciammo come ci opponemmo fermamente alla circolare di Alfano, siamo arrivati alle unioni civili».

Un’altra epoca, ma la decisione del Consiglio di Stato servirà a tacitare ora i sindaci leghisti che, dal Veneto a Cascina in Toscana, si rifiutano di celebrare le unioni di coppie omosessuali? Sì, per Colamarino: «Pur non entrando nel merito delle unioni civili, può essere funzionale anche a questo, perché ribadisce che il sindaco come pubblico ufficiale deve rispettare le leggi senza devianze».