Parigi smentisce ma fonti militari francesi confermavano ieri a Le Figaro che la ‎Francia ha inviato unità speciali a sostegno della Coalizione sunnita guidata ‎dall’Arabia saudita impegnata nella riconquista della città portuale di Hodeida nelle ‎mani dei ribelli sciiti Houthi appoggiati dall’Iran. La Francia vende armi nei paesi ‎del Golfo per miliardi di dollari ed Emmanuel Macron corre in soccorso di emiri e ‎re coalizzati contro la “minaccia sciita”. Poco contano le migliaia di civili yemeniti ‎uccisi o feriti nei bombardamenti compiuti dall’Arabia saudita e dai suoi alleati, ‎cominciati nel marzo del 2015 per riportare al potere il governo di Abd Rabbuh ‎Mansur Hadi, alleato di Riyadh, e riprendere la capitale Sanaa presa dai ribelli nel ‎‎2014. La Francia, secondo le fonti citate da Le Figaro, si preparerebbe a sminare gli ‎accessi ad Hodeida, porto strategico e principale accesso marittino allo Yemen. Il ‎suo controllo è decisivo per le sorti della guerra. ‎

‎ Sul terreno la situazione non è del tutto chiara. Le forze appoggiate da Riyadh a ‎inizio settimana avevano circondato Hodeida e lanciato una vasta offensiva. Ieri ‎mattina è stata annunciata la caduta della città ma in realtà la battaglia è infuriata per ‎tutto il giorno, in particolare intorno all’aeroporto internazionale. ‎«Le forze armate ‎sostenute dalla Coalizione araba hanno liberato l’aeroporto di al Hodeida dalle ‎milizie di Houthi e squadre di genieri hanno iniziato a sminare l’aeroporto e l’area ‎circostante», hanno comunicato i governativi in tarda mattinata. Si è anche saputo ‎che le brigate al Maleqa appoggiate dagli Emirati si sono dirette verso la provincia ‎orientale di Hodeida per tentare di tagliare la strada principale per Sanaa allo scopo ‎di chiudere in una morsa i ribelli a Hodeida e impedire loro di ricevere rifornimenti ‎dalla capitale. Notizie che contrastano con i racconti di diversi testimoni secondo i ‎quali le forze della Coalizione ieri non avevano ancora il pieno controllo ‎dell’aeroporto e che a ridosso di esso i combattimenti continuavano con grande ‎intensità. Da parte loro i ribelli sciiti non hanno ammesso la perdita della città. La ‎loro emittente televisiva, al Masira, ha trasmesso immagini di automezzi bruciati e ‎di cadaveri di soldati delle forze avversarie mentre combattenti Houthi ‎scandivano ‎«Morte all’America, Morte a Israele‎».‎

‎ In queste ore è forte la paura delle agenzie umanitarie e delle ong internazionali ‎per la sorte dei civili yemeniti. L’inviato speciale delle Nazioni Unite, Martin ‎Griffiths, è corso a Sanaa nel tentativo di negoziare un cessate il fuoco e risparmiare ‎vite umane e altre sofferenze alla popolazione. Griffiths qualche giorno fa aveva ‎invano chiesto la consegna della città alle Nazioni Unite ma i suoi appelli sono ‎rimasti inascoltati perché Riyadh ha necessità di vincere subito la guerra e non solo ‎per ragioni di immagine‏.‏‎ Contano anche le finanze. In tre anni tenere in piedi la ‎coalizione anti-Houthi è costato diversi miliardi di dollari alle casse saudite, senza ‎dimenticare che i ribelli yemeniti sono stati in grado di tenere sotto pressione ‎persino gli abitanti della lontana Riyadh con il lancio di missili balistici ottenuti con ‎ogni probabilità dall’Iran. La caduta di Hodeida potrebbe inoltre stabilizzare i ‎rapporti difficili all’interno della Coalizione tra il governo di Hadi e gli Emirati. ‎Questi ultimi hanno stretto rapporti con i movimenti secessionisti meridionali con ‎l’obiettivo di assumere il controllo del sud del paese. Gli emiratini hanno anche ‎occupato l’isola di Socotra e cacciato via le forze governative, riammesse solo pochi ‎giorni fa‏.‏‎

‎ Una chiusura prolungata del porto di Hodeida, l’unico non soggetto al blocco ‎navale della Coalizione, e l’interruzione del flusso di aiuti rischiano di gettare nella ‎disperazione milioni di persone. Circa il 70% del cibo destinato allo Yemen passa ‎attraverso quel porto, così come la maggior parte delle scorte di carburante. Due ‎terzi della popolazione (27 milioni) dipendono dagli aiuti umanitari e 8,4 milioni di ‎yemeniti sono già a rischio di fame. Undici ong, tra cui Oxfam, hanno scritto al ‎segretario agli esteri britannico Boris Johnson affinché convincesse i sauditi a ‎fermare l’attacco su Hodeidah senza però ottenere risultati. ‎