L’ondata del disastro atmosferico pare essersi placata, ma non si placa l’onda lunga della rabbia della cittadinanza carrarese che continua a occupare la sala di rappresentanza del Comune di Carrara. A Marina di Carrara gli alluvionati provano a ricostruire le loro vite, anche se c’é chi ha perso tutto, e rialzarsi non è semplice. In città si prova a ricostruire un tessuto politico che sappia immaginare un futuro diverso per il territorio.

erché si ha l’impressione che la questione dell’alluvione sia stata come il vaso di Pandora, e adesso si tratta di ripensare il territorio nella sua interezza e complessità. «Non c’è un cinema, non c’è un teatro», dicono in diversi: e viene qui in rilievo l’insoddisfazione per una classe dirigente cittadina percepita come distante, come una casta (che, nel frattempo, si é appartata alla Fiera Marmi Macchine, dove si svolgono adesso le riunioni della giunta). Il documento della «commissione disastro» rimette in questione la strada dei marmi, milioni di euro pagati dalla collettività a uso e consumo dei profitti degli industriali di marmo, in seguito alla quale il Comune di Carrara è diventato il secondo piú indebitato d’Italia. Si chiede di pensare a rimettere mano alle concessioni delle cave che fanno degli industriali del marmo i padroni incontrastati del territorio come in un far west, alla tassa marmi troppo bassa, all’inquinamento delle falde acquifere causate delle cave. E qualcuno, accolto da applausi, parla dello scempio delle Apuane come «crimine contro l’umanità» perpetrato per interessi personali.

C‘è chi propone lo sciopero fiscale di massa, chi propone di far pagare agli industriali del marmo una tassa straordinaria. Si pensa a una manifestazione cittadina, perché, come ha detto un giovane studente, «è tutta la città che si deve fermare, non dobbiamo essere noi soli in questa sala». Si pone la questione dei legami con altri movimenti che pongono in Italia la questione della sostenibilità ambientale, a cominciare dai NoTav.

Il tutto, aree con una diffidenza per i «politici» che possono portare a crisi di assestamento del movimento in questa fase iniziale (timori di egemonie e strumentalizzazioni) che sono destinate a essere superate, se questo movimento resiste ancora un po’. Del resto c’è davvero l’impressione che si debba ripartire da zero, qui: come quando qualcuno ha parlato di un corteo del sindacalismo di base, ed è stato accolto da un coro di disapprovazione. Spiego alla mia vicina di posto, una delle piú accanite contro «i sindacati», che i sindacalisti di base non sono i sindacati confederali, e lei mi ascolta interessata, dicendo che allora forse non doveva essere accolto da questa salva di fischi. Ma questo mostra come tutto un lessico e un quadro della politica siano oramai crollati, e di qui occorre ripartire.