Bo Xilai, l’ex leader di Chongqing espulso dal Partito nel 2012, è stato ufficialmente accusato di corruzione, appropriazioni indebita e abuso di potere, dalla corte di Jinan, nello Shandong in Cina. Significa che a breve, pare nel giro di un mese, verrà processato. Questo genere di cose in Cina avviene quando tutto è già stato ampiamente deciso, tanto che secondo fonti vicine al palazzo di giustizia di Jinan, il processo si celebrerà a porte chiuse e potrebbe terminare con una condanna a 15 anni di reclusione.
La notizia circa l’incriminazione ufficiale e il probabile processo significano inoltre una raggiunta unanimità sul da farsi, da parte del Partito diretto da Xi Jinping. Bo Xilai infatti oltre ad essere un politico in ascesa, un principino in quanto figlio di uno degli otto «immortali» vicini a Mao, Bo Yibo, aveva rappresentato all’interno del Partito una nuova fazione, con molti alleati e relazioni. Dopo la sua caduta alcune delle persone più vicine a Bo, come il loro mentore, erano stati accusati o espulsi o arrestati, nell’ambito di uno scandalo che è stato considerato il più grande negli ultimi vent’anni di vita del Partito comunista cinese.
Stando a quanto scritto dai media di stato, «l’imputato Bo Xilai, in qualità di funzionario, ha approfittato dei privilegi del suo ufficio per ottenere benefici per altri e ha ricevuto illegalmente denaro e oggetti in grandi quantità. Ha inoltre sottratto una quantità estremamente grande di fondi pubblici e abusato dei suoi poteri, causando pesanti perdite per gli interessi della nazione e del popolo in modo estremamente grave». Le accuse nei confronti di Bo potrebbero includere l’aver accettato tangenti pari a 20 milioni di yuan (2 milioni e mezzo di euro circa), appropriazione indebita di altri cinque milioni di yuan e abuso di potere.
[do action=”citazione”]Verso l’epilogo il più grave caso di conflitto recente all’interno del partito cinese[/do]
Se Bo Xilai verrà processato e condannato, il nuovo presidente della repubblica popolare, Xi Jinping, arriverà al tradizionale incontro del prossimo autunno dei vertici del partito con una forza che forse deriverà anche dalla conclusione di questo affaire. Per quanto infatti tutta la vicenda che ruota intorno a Bo sia stata presentata in Cina come una storia legata a tangenti e affari familiari, in realtà ha mascherato conflitti interni al Partito decisivi per le politiche economiche e sociali da attuare nell’immediato futuro.
Non a caso la gestione di tutto lo scandalo Bo Xilai è stata tenuta completamente all’interno del Partito: fin dal momento della sua espulsione, nel marzo del 2012, fino all’arresto, di Bo Xilai si sono fatte completamente perdere le tracce. Lo stesso iter giuridico e di custodia dell’ex capo del Partito di Chongqing ha scatenato molti dubbi: prima è stato messo sotto indagine dal Partito e poi dalla giustizia statale, tanto che Bo Xilai avrebbe ingaggiato due avvocati che non ha mai potuto incontrare e sarebbe anche entrato in sciopero della fame. Fino a qualche mese va veniva dato in aperto contrasto con il Partito e senza l’intenzione di collaborare. Se ora si arriverà al processo, significa che Xi Jinping e il Pcc hanno ottenuto garanzie sufficienti per procedere in modo spedito lasciandosi alle spalle Bo e quel «modello Chongqing», fatto di politiche statali e nostalgia maoista che per alcuni anni è sembrato poter diventare un modello addirittura nazionale.
Il caso Bo Xilai è scoppiato nel febbraio del 2012, quando Wang Lijiun, il suo braccio destro nella lotta alle triadi di Chongqing – una campagna, «picchia il nero», che è servita a Bo anche per eliminare veri e proprio avversari politici – è scappato al consolato americano di Chengdu. Durante il periodo in cui il poliziotto è stato al consolato americano, a Pechino si era arrivati a parlare addirittura di colpo di stato. Wang Lijiun infine venne consegnato alle autorità pechinesi, che lo misero in «vacanza terapeutica». Qualche mese dopo, a conclusione dell’annuale Assemblea Nazionale, l’allora premier Wen Jiabao tuonò nel corso della conferenza stampa contro i «personalismi» e i fantasmi della Rivoluzione Culturale. Si trattava di un messaggio molto chiaro: qualche giorno dopo Bo Xilai venne destituito da ogni incarico e messo sotto indagine disciplinare per «gravi violazioni», mentre la moglie venne accusata – e condannata alla pena di morte, sospesa – per l’omicidio di Neil Heywood. Quest’ultimo, uomo d’affari inglese nella cerchia più intima della famiglia di Bo Xilai, fu trovato morto in un hotel di Chongqing e cremato in tutta fretta. Secondo quanto ha voluto raccontarci il Partito, Wang Lijun – poi condannato a 15 anni per tradimento – sospettando la moglie di Bo per la morte dell’inglese sarebbe fuggito al consolato americano per non incorrere nelle ire del suo capo.
Una storia con ancora molti punti oscuri, che il processo a Bo Xilai di certo non chiarirà.