I colloqui proseguono oggi, per il quarto giorno consecutivo, a Ginevra. Mai dal 2003 i negoziatori iraniani avevano discusso così in dettaglio il loro programma nucleare con i 5+1 (Stati uniti, Russia, Francia, Gran Bretagna, Cina e Germania). Eppure il terzo giorno di incontri bilaterali si è concluso tra luci e ombre. L’ostruzionismo francese, che aveva bloccato l’accordo del 9 novembre scorso, sembra aver motivato i contrari (Netanyahu, pasdaran iraniani e repubblicani statunitensi) e gli scettici a preferire il nulla di fatto alla storica soluzione del decennale contenzioso.

Tuttavia, a tentare di facilitare i colloqui ci hanno pensato ieri, da una parte, il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, volato a Ginevra per riprendere le fila dell’intesa, e, dall’altra, l’Alto rappresentate per la politica Estera dell’Ue, Catherine Ashton, che ha più volte incontrato il ministro degli Esteri iraniano. Javad Zarif ha difeso gli interessi di Tehran a far valere gli stessi diritti degli altri paesi, firmatari del Trattato di non proliferazione nucleare (Tnp).

I negoziatori iraniani, dopo il monito della guida suprema Ali Kahmenei a non cedere su questo punto, si battono per il diritto iraniano all’arricchimento dell’uranio come questione «non negoziabile». Il viceministro di Tehran, Abbas Araqchi ha chiarito che una soluzione è ancora lontana. Ma secondo la tv iraniana Press Tv, con conferme di alcuni osservatori che seguono i colloqui, i 5+1 sarebbero pronti a riconoscere il diritto iraniano all’arricchimento dell’uranio.

A premere per l’intesa è stato lo stesso presidente iraniano, il moderato Hassan Rohani, che in un tweet ha assicurato «benefici per l’intera regione» in caso di accordo. E così sul tavolo negoziale è tornato centrale il ruolo che l’Iran potrebbe avere nella soluzione della crisi siriana. Per questo ieri, Zarif ha incontrato l’inviato speciale di Lega araba e Nazioni unite in Siria, Lakhdar Brahimi.

Ma a raffreddare gli animi ci hanno pensato gli hardliner negli Stati uniti e in Israele. Il senatore repubblicano Mark Kirk ha duramente criticato il segretario di Stato, John Kerry, e il negoziatore di Washington per il nucleare, Wendy Sherman. Kirk, che ha più volte difeso le critiche mosse dal premier israeliano Netanyahu di un accordo con Tehran, è il capofila dell’iniziativa repubblicana che punta ad approvare nuove sanzioni contro l’Iran. Anche il ministro israeliano del Commercio, Naftali Bennett ha assicurato in un’intervista che «se un “cattivo accordo” verrà siglato, aumentano le possibilità di un attacco contro Tehran».

Tuttavia, l’attesa di un accordo in Iran si fa febbrile. Dopo una serie di omicidi sospetti di tecnici impegnati nella lotta alla corruzione, è arrivata la doccia fredda della risoluzione delle Nazioni unite, approvata ieri. L’Assemblea generale ha chiesto a Tehran di provvedere ad affrontare concretamente le violazioni dei diritti umani nel paese. Nonostante le promesse di Rohani, i principali leader riformisti sono agli arresti ormai da 1000 giorni. Mentre i due giornalisti kurdi Khosro e Massoud Kordpour sono stati condannati ieri rispettivamente a sei e tre anni e mezzo di detenzione dalla Corte di Mahabad per «attentato alla sicurezza nazionale».